Figlie della Chiesa Lectio XV Domenica del Tempo Ordinario

XV Domenica del Tempo Ordinario

Inizia con questa domenica il “discorso in parabole” del vangelo di Matteo. La prima sezione affronta un tema fondamentale per la chiesa di Matteo e per ogni comunità cristiana: quali sono le condizioni per un fruttuoso ascolto della Parola di Dio. Per il vangelo il seme è un prodigio che non ci si stanca di ammirare e di contemplare; è il prodigio della vita che si diffonde e si moltiplica. Il seme è piccolo ma è capace di diventare spiga. E tuttavia questa trasformazione non è scontata: il cammino del seme incontra ostacoli e difficoltà. Naturalmente non è di semi che il vangelo vuole parlare, ma della Parola di Dio. E la Parola del Signore è Gesù Cristo; perché la Parola di Dio è quello che Gesù Cristo diceva, ma la Parola del Signore è Gesù. È Gesù la Parola: “E la parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14a).

Questa Parola è stata seminata nella storia. Anche questa Parola incontra ostacoli, ma ormai la semina è avvenuta e nessuno la può cancellare. Ormai, questa Parola è stata innestata dentro alla storia umana e non ritorna più quella che era prima. La storia umana è costretta ad ubbidire a Dio e a diventare il luogo della rivelazione e dell’amore di Dio e a trasformarsi, dominata dall’amore di Dio.

Anche la prima lettura dal profeta Isaia prospetta il tema relativo all’efficacia della parola di Dio mediante la similitudine della pioggia e della neve che irrigano la terra. La parola di Dio è una parola creatrice, una parola che chiama all’esistenza, che fa quello che esprime. Parola, in ebraico dabàr, non significa semplicemente parola, ma anche avvenimento, evento. Dio, che da sempre si è mostrato fedele, vuole ora essere riconosciuto fedele anche in relazione alla promessa che ha fatto al popolo attraverso il profeta.
Poiché la parola di Dio è sempre efficace e opera ciò che esprime, non mancherà di raggiungere il suo scopo: il ritorno del popolo a Gerusalemme. Perciò l’immagine della pioggia che, scendendo dal cielo, rende feconda la terra diventa il segno di quanto Dio sta compiendo, liberando quel piccolo resto e creando un popolo nuovo. Il popolo quindi deve prendere coraggio e aprire gli occhi per vedere e riconoscere l’opera di Dio.

v.3: C’è un’azione di semina da parte di un seminatore: “Uscì il seminatore a seminare”, quindi significa che sta succedendo qualche cosa; un’azione che sembra all’inizio dover registrare una serie infinita e dolorosa di insuccessi.
Perché la prima parte del seme che viene gettato è beccata dagli uccelli del cielo, non fa neanche in tempo ad attecchire nel terreno.
La seconda parte riesce a spuntare ma è bruciata dal sole, perché non ha radici; non è riuscita ad entrare in profondità, perché è caduta in mezzo ai sassi.
La terza parte del seme anche questa fa fallimento, perché sebbene sia riuscita a spuntare e a mettere delle radici,  si trova soffocata dalle spine, quindi non riesce ad arrivare a maturazione.

Chiaramente c’è un progresso: la prima parte del seme non riesce neanche a mettere le radici e a spuntare; la seconda spunta ma non ha le radici; la terza spunta, ha le radici, ma non riesce ad arrivare al frutto. Il Regno di Dio è così: ci stupiamo perché ci sono delle opposizioni e dei fallimenti? La logica del Regno di Dio è di un frutto stupendo e immenso dal punto di vista della quantità, ma attraversato dai fallimenti che fanno parte del dinamismo della semina.
Questo doveva essere il primo messaggio della parabola: il motivo per cui Gesù l’ha raccontata, per svelare o aiutare a comprendere il mistero del Regno; il fatto che il regno di Dio si manifesta ma in modo misterioso, che non corrisponde esattamente alle nostre attese, quindi non attraverso quel successo immediato, completo e irresistibile che noi immagineremmo, pensando all’affermazione della regalità di Dio. Invece il successo c’è, il compimento della salvezza avviene, ma nel modo che abbiamo ascoltato.

v.8: Questo brano è un invito alla consolazione e alla speranza rivolta a quelli che erano in crisi. Vuol dire che c’era qualcuno in crisi perché dopo avere sperato che la “parola del regno” cambiasse straordinariamente in profondità le situazioni, si accorgeva che invece il mondo andava avanti come in precedenza. Allora, veniva da dire: è tutto qui il regno di Dio? La parabola dice: non ti meravigliare, non ti avvilire, non ti lasciare spaventare dagli insuccessi.
La parola di Dio è quella del seminatore che semina in questo modo e che deve passare attraverso tutta una serie di ostacoli e di fallimenti. Il risultato sarà tale da compensare per tutte le perdite che si sono verificate in precedenza.
Quello che ci vuole, però, è la perseveranza ed è la costanza, addirittura l’ostinazione del credere che quel seme è la Parola giusta, e quindi il suo frutto lo produrrà quando vorrà il Signore, quando le strutture del mondo saranno state ammorbidite in modo tale da poter ricevere l’attitudine a raccogliere questa Parola.

v.19: Bisogna intendere bene, perché si potrebbe pensare che in questo caso la colpa sia del maligno e che la persona che non capisce non abbia in realtà responsabilità, ma nell’ottica del Vangelo il significato è il contrario.
Qui siamo di fronte ad una responsabilità, la più grande che si possa assumere, tanto da apparire addirittura diabolica: “ricevere la Parola, ma non capirla”. “Non capirla”, non significa non capirla intellettualmente, ma vuol dire non riuscire a cogliere la validità, il valore, la ricchezza di vita che possiede in sé la Parola, dopo averla ascoltata e intellettualmente capita. Bisognerebbe chiedersi: che cos’è che può impedirci di comprendere il valore della Parola del Signore?
Quello che ci rende difficile accettare la Parola del Signore è la profondità di conversione e di cambiamento che ci viene richiesto. Per capire davvero la Parola, è necessario cambiare vita, dare al Signore il centro dei nostri pensieri e delle nostre forze. Questo è il primo grande ostacolo che bisogna superare: la tentazione di difendere la vita che noi costruiamo intorno a noi stessi, invece di accettare una vita costruita sulla Parola del Signore.

v.21: Il secondo ostacolo è quello dell’incostanza, della mancanza di perseveranza. Viene quando una persona si entusiasma per il Vangelo, capisce che è bello, aderisce al Vangelo ma senza avere radici profonde, senza che la sua adesione vada a radicarsi davvero nel cuore.È un’adesione superficiale, sentimentale, esterna: il cuore, la libertà, la scelta personale non è ancora conforme. Allora questa persona di fronte agli ostacoli, “alla tribolazione o alla persecuzione”, diventa incostante.
Il testo dice: diventa la persona che si lascia portare dalle situazioni, per cui se cambia la direzione del vento, cambia anche lei la sua. Questo evidentemente non permette alla Parola di Dio di germogliare. La Parola di Dio diventa occasione e motivo di scandalo; le persecuzioni rendono l’adesione alla Parola di Dio impossibile e si rimane scandalizzati.

v.22: Il terzo ostacolo. Qui siamo un passo più avanti. La Parola è stata seminata, è germogliata, però ci sono delle spine che soffocano quel germoglio che è cresciuto e gli impediscono di arrivare a maturazione. Dice Matteo: le spine sono la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza. Allora, si potrebbe dire: sono le paure che il mondo ci può fare, le preoccupazioni che ci mette addosso o le seduzioni che ci può offrire. Sono tutte una serie di realtà che una persona tende ad assolutizzare, alle quali tendiamo ad aggrapparci.
Le paure del mondo ci fanno veramente paura e ci chiudiamo in difesa dalle persecuzioni del mondo (ci attirano davvero con tutta la loro apparenza e ci lasciamo trascinare). È quella situazione del mondo per la quale le cose ci prendono così tanto che non abbiamo più il tempo o il desiderio di cercare e di appoggiare la nostra vita sul Signore. Questa è la tentazione tipica del nostro mondo. In questo caso avviene ancora che la Parola del Signore non produce il frutto dell’esistenza.

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/