Don Paolo Zamengo “La Trinità è tenda di vita”

Santissima Trinità (Anno A)  (04/06/2023) Vangelo: Gv 3,16-18 

Il mistero della Trinità l’abbiamo segnato fin da piccoli sul nostro corpo con il segno della croce. L’attenzione non è sulla parola Trinità, ma sui nomi: Padre, Figlio, Spirito santo. I nomi nell’abbraccio della croce. E insieme ai nomi c’è il verbo “amare”.
Amare è il marchio di Dio. La Trinità è in questa parola.

È bello pensare che in Dio non c’è solitudine come possono farci pensare altre parole.
Onnipotente, si può essere onnipotenti e soli; immenso, si può essere immensi e soli;
trascendente, trascendenti e soli. Trinità significa dire che Dio ha un cuore che ama. Dio è
comunione che stringe e unisce Padre, Figlio e Spirito santo, ed è comunione che Dio vive anche con noi.
“Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Verremo per ricordarci che l’amore,
l’amare non è una realtà statica, è verbo di uscita, di movimento, che mette in moto “verso”. Se l’amore non ci mette in moto, se non ci fa uscire, guardiamoci dal dire che il nostro è amore, non è amore ma forse è solo un abbaglio. Dio è uscito per creare; il Figlio è uscito per farsi uomo; lo
Spirito santo è uscito a riempire la terra.
Quando il nostro amore è vero mette in moto noi stessi, amare è verbo di ricerca perché io non basto a me stesso. Non so se è corretto dire che Dio esce come se non bastasse a se stesso, ma è Gesù a dire così: “noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
Voglio ricordare una pagina della Genesi, un episodio della vita di Abramo. Nell’ora più calda del giorno Abramo è nella sua tenda e vede passare dei personaggi misteriosi accanto alla sua tenda.
La tradizione ha voluto vedere e interpretare il passaggio di Dio, un passaggio dentro il segno
luminoso dell’ospitalità della tenda di Abramo.
C’è una tenda, nell’ora più calda del giorno, improbabile che passi qualcuno. E invece è come se Abramo fosse in qualche modo in attesa. La tenda non è chiusa: “egli sedeva all’ingresso… alzò gli occhi e vide che tre uomini”. Beati noi se, come Abramo, sappiamo stare all’ingresso, se la tenda della nostra vita non è chiusa, se i nostri occhi sono come di chi guarda fuori. Perché è scritto
“verremo”. È una promessa.
Ed è scritto il motivo, per cercare ospitalità. L’ospitalità è una benedizione. è una grazia, non per chi viene ospitato ma è una grazia per chi ospita. È affascinate pensare che ad Abramo proprio per la sua ospitalità, senza saperlo, capitò di ospitare Dio. E nella tenda tutto si mette in moto, è tutto un affrettarsi per offrire accoglienza, nel segno dell’eccesso e della gioia.
E quale è Il frutto di questo incontro? “Tornerò da te tra un anno, a questa data, e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. È nel segno della nascita, della vita. Facciamo bene ricordarcelo quando la chiesa, o la società, o la cultura che noi viviamo, sembrano tristemente sterili, accartocciate su se stesse, incapaci di sussulti.
Non sarà che la nostra tenda è chiusa e non ci accorgiamo di chi passa nell’ora più calda del
giorno? È al passaggio di Dio che nasce la vita. La Trinità e la tenda, queste due parole bussano oggi al nostro cuore.