XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/06/2023) Vangelo: Mt 9,36-10,8
Testi di riferimento: Nm 27,17; Dt 4,2; 7,6; 10,15; 1Re 22,17; Sal 77,21; 78,52; 80,2; Is 49,910.15; 54,10; 56,9-11; 63,15; Ger 6,2-3; 10,21; 23,1-6; 26,2; 50,6.17; Os 11,8; Zc 11,4ss.; Mt 4,17; 11,1; 14,14; 15,24; 18,12; Gv 3,27; 4,35; 10,12-16; 17,8; At 3,6; 13,2.46; 20,28.35; 1Cor 11,23; 15,3; 2Cor 11,7; 2Ts 3,1; 1Pt 2,25; Ap 7,17 1.
Anche tramite la prima lettura, che come sappiamo nel tempo ordinario è scelta avente un legame con il brano evangelico, possiamo capire che il tema di questa domenica è senz’altro quello della missione. Un tema che vediamo però anche connesso con la metafora del pastore. Nell’Antico Testamento il pastore è Jahvè il quale, in occasione dell’uscita dall’Egitto e del cammino nel deserto, si è mostrato pastore nei confronti di Israele, guidando il suo popolo alla terra promessa (vedi testi di riferimento) dove troverà abbondanza di tutto. Nella prima lettura Dio accenna a questa funzione di pastore dicendo che egli ha condotto il popolo a se stesso su ali di aquila. Come conseguenza di questa azione, il Signore chiede al popolo di entrare in alleanza con lui, di accettare di obbedire ai suoi comandi, di diventare sua speciale proprietà fra tutte le nazioni, a servizio delle nazioni stesse. L’alleanza comportava il “camminare dietro a Jahvè”, come un gregge cammina dietro al pastore (Sal 80,2; Ger 2,2). In seguito il Signore concede ad Israele un re che svolga a nome suo il ruolo di pastore. Israele tuttavia comincerà a cercare alleanze con le nazioni finendo così per “camminare dietro ad altri dei” (Ger 2). In questo modo rompe l’alleanza. I pastori, cioè i governanti, stranieri finiranno per depredare il popolo (Ger 6,2-3), che diventerà come un gregge senza pastore. Dio stesso susciterà pastori malvagi (Zc 11,4-17) perché il popolo ha abbandonato il Signore e non vuole ascoltare la verità (cfr. 1Re 22,13-17). 2. Il Vangelo. – La compassione di Gesù per le folle. • Il verbo usato per esprimere la compassione di Gesù si potrebbe tradurre letteralmente “si contorsero le viscere”. È un termine che nell’Antico Testamento esprime l’amore viscerale di Dio per il suo popolo e che nei Vangeli è sempre applicato a Cristo. Quando vediamo soffrire qualcuno che amiamo ci si contorcono le viscere; proviamo qualcosa dentro che è ben più di un semplice sentimento di compassione. Ciò che fa “contorcere le viscere” a Gesù è vedere che le folle sono «come pecore senza pastore». Per questo motivo sono “stanche e sfinite”. Il pastore conduce le pecore verso una meta. Lui va avanti e le pecore lo seguono. Senza un pastore le pecore non sanno dove andare; camminano e camminano, ma senza arrivare da nessuna parte. Questo è ciò che sfinisce: il camminare inutilmente, senza meta. Tanta gente si trova in questa situazione: corre e corre, ma senza arrivare da nessuna parte, perché in realtà non sta andando da nessuna parte. Cercano la vita, la felicità, ma senza trovarla. Non riescono a giungere al senso della propria vita, alla vita stessa, alla felicità. Non hanno un pastore che dia loro il giusto orientamento. S. Paolo, che ha trovato in Cristo il suo pastore, dice: «Io corro, ma non come chi è senza meta» (1Cor 9,26). Anche chi segue cattivi pastori rischia, senza saperlo, di camminare inutilmente. • I pastori del popolo sono le sue guide politiche e religiose, le quali hanno il compito di condurlo secondo le leggi di Jahvè. Tali pastori devono indicare la via giusta sulla quale camminare, vale a dire il retto agire che corrisponde a quanto insegnato dal Signore. Per questo ad essi è richiesto di conoscere la volontà di Dio, la torah (Dt 17,18-19; Gs 1,7-8; Mal 2,7), perché dovranno guidare il popolo in conformità ad essa; essi infatti non sono altro che pastori vicari del vero Pastore. Ma «siccome i pastori sono diventati stolti e non hanno ricercato il Signore allora … tutto il loro gregge è disperso» (Ger 10,21; cfr. Ger 2,8; Ez 7,26; Mi 3,11; Sof 3,4; Mal 2,8). Questo è ciò che provoca il contorcimento di viscere a Gesù. Egli è l’unico che veramente ha compassione della nostra infelicità, di questa condizione di smarrimento, di pecore sbandate alla mercé di predoni. Egli è venuto per assumere questo ruolo di pastore per condurre gli uomini alle fonti della vita (Ap 7,17) e vuole farlo attraverso la collaborazione di “operai”. A questo scopo egli manda persone ad annunciare, come lui, il Vangelo del regno. – Gli operai nella messe (v. 38). Sono gli annunciatori del regno. Gesù allarga il suo ministero ai discepoli. Essi sono chiamati a fare quello che fa lui. Nella lista dei dodici abbiamo i nomi di personaggi di cui Mt aveva già narrato la chiamata a seguire Gesù: i primi quattro, più Matteo il pubblicano. Ora capiamo che “seguire” Gesù significa seguirne la missione. Dopo aver visto come egli annunciava il regno, guariva gli ammalati, guariva i peccatori, essi vengono mandati a fare altrettanto. Nei due capitoli precedenti Mt ha presentato Gesù come il grande medico divino. Ora tale potere viene trasmesso agli apostoli. Ovviamente la vera guarigione che essi portano, e di cui i miracoli fisici sono solo un segno, è la stessa che ha portato Gesù, quella dal peccato. E non possono fare diversamente. L’espressione del v. 8, “gratis riceveste, gratis date”, non significa semplicemente che essi devono svolgere il ministero senza ricevere nulla. Piuttosto sta ad indicare la totale corrispondenza fra l’opera di Cristo e quella dei discepoli, fra quello che gli apostoli hanno ricevuto da Cristo e che essi devono dare fedelmente agli altri, come anche si lascia intendere in 1Cor 9,16-18; 11,23; 15,3. La Chiesa è il prolungamento dell’opera di Cristo; né più né meno. Ed è lui stesso che ha voluto così. Cristo ha voluto che il regno di Dio, fattosi presente nella sua persona, continui a giungere agli uomini attraverso i suoi discepoli. Ciò significa che 1) la Chiesa non può dire o fare nient’altro che quello che Cristo le ha comandato; nessuno ha l’autorità di trasmettere qualcosa che non ha ricevuto da Cristo; 2) se non ci fosse stato bisogno di vescovi, preti, missionari, se Cristo avesse voluto fare da solo, se le persone possono incontrare Cristo e avere un rapporto con lui senza mediazione ecclesiale, egli non avrebbe chiamato gli apostoli per mandarli in missione. La realtà è invece che Gesù ha voluto così. Sottolineare questa realtà non è superfluo. Non si può ricevere Cristo bypassando la Chiesa. – Sebbene la chiamata all’evangelizzazione sia per tutti i discepoli, Gesù chiama alcuni perché si dedichino in modo particolare a questo scopo. I dodici, o almeno alcuni di loro, erano sposati. La loro moglie, la loro famiglia, era il centro della loro vita. Ora il centro diventa Cristo. Dallo stare con Cristo ne segue il mandato alla predicazione. Per questo occorre pregare perché il padrone della messe mandi operai nella sua messe. Occorrono persone che diano la vita per la mietitura, per l’evangelizzazione. Ci sono tanti che ascolterebbero il Vangelo, ma manca chi glielo annunci. È la Chiesa che evangelizza, ma alcuni sono chiamati a esplicitare questo mandato. È quello che succede a Paolo e Barnaba che vengono scelti dalla comunità per essere mandati in missione (At 13,2-3). – Può sentire questa chiamata chi ha sentito l’importanza del Vangelo per la propria vita. Chi ha incontrato Cristo non può non avere avuto la sua vita trasformata, e non può non desiderare che lo stesso avvenga anche per tanti altri. Chi ha Cristo in sé sentirà anche lui compassione per le folle che sono come pecore senza pastore. La preoccupazione per l’annuncio del Vangelo è per ogni cristiano, cominciando dall’obbedienza alla parola di Cristo di pregare perché “il padrone della messe mandi operai nella sua messe”. Il Signore ci chiama a non starcene oziosi e ad andare a lavorare nella sua vigna (Mt 20,6-7). Non possiamo spendere inutilmente il nostro tempo quando tanti uomini stanno rovinando la loro vita, consumandosi nel peccato, perché non conoscono Cristo, perché non sanno che esiste la possibilità di avere una vita diversa, perché non sanno che il regno di Dio è in mezzo a noi.
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it
