Don Luciano Labanca”La tua grazia valle più della vita”

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)  (25/06/2023) Vangelo: Mt 10,26-33

Nella pagina evangelica propostaci per questa domenica ci viene presentata la continuazione del discorso missionario di Gesù, il secondo dei grandi discorsi che compongono il Vangelo di Matteo. L’Evangelista, secondo quanto ci dicono gli studiosi delle Scritture, ha modellato questo discorso sull’esperienza della Chiesa delle origini perseguitata ed emarginata. Gesù incoraggia i suoi apostoli e missionari di ogni epoca a non aver paura degli uomini. Troppo spesso la nostra testimonianza cristiana risente di queste resistenze umane, di queste paure, che ci impediscono di essere coerenti ed incisivi. Davanti a Dio le trame e le macchinazioni umane, messe in atto per fare il male e danneggiare gli altri, sono destinate a venir smascherate dalla luce della verità. Essa trionfa sempre! Un vero discepolo è chiamato ad ascoltare la voce del Signore, nel segreto della propria coscienza e a testimoniarlo con coraggio sulle terrazze del mondo, attraverso la parola e soprattutto i fatti, senza vergogna. La testimonianza cristiana, inoltre, ci pone di fronte a quello che conta veramente davanti al Signore. Il salmista ci ricorda: “La tua grazia vale più della vita” (Sal 62,4). Chi segue Cristo ed è suo discepolo missionario non ha paura di coloro che possono fargli del male fisico, più di ciò che possa danneggiare la propria anima. L’essere in grazia di Dio, ossia in comunione di amicizia profonda con Lui, senza il peccato, vale più della vita stessa. È questo che ci insegnano i martiri, veri testimoni della fede, coloro che pur di non offendere il Signore hanno dato la loro vita per Cristo. Questo primato dello spirituale ci invita ad una profonda riflessione anche sulla nostra vita. Troppo spesso noi siamo terrorizzati e schiacciati dal dolore fisico, che certamente è un aspetto assolutamente duro della vita umana, che merita tutto il nostro rispetto e cura, ma facilmente dimentichiamo che la mancanza di amore, la solitudine e la chiusura in sé stessi possono davvero distruggere la vita in un senso ancora più profondo. Quando Dio non c’è, l’uomo vive già l’inferno su questa Terra. Eppure Egli ci ama così tanto, da vegliare paternamente e amorevolmente su di noi, attraverso la sua divina benevolenza, attenta alle piccole e fragili realtà (passeri, capelli), e quindi, con maggior cura veglia su coloro che sono suoi figli e suoi collaboratori. Mai possiamo sentirci abbandonati dal Signore! Da questa forza e certezza, riceviamo il coraggio di essergli testimoni, di riconoscerlo davanti agli uomini, specialmente in coloro che sono sofferenti, affamati, nudi, affaticati, oppressi, poveri e abbandonati. Sentiamo risuonare con forza quelle parole che il Re, Cristo, alla fine dei tempi, quando saremo giudicati sull’amore, ci dirà: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36).

Don Luciano Labanca. Attualmente presta servizio come Addetto presso la Nunziatura Apostolica di Trinidad e Tobago.

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