I Lettura: 2 Re 4,8-11.14-16
II Lettura: Rm 6,3-4.8-11
Vangelo: Mt 10,37-42
- Testi di riferimento: Es 16,8; Dt 18,18-19; 33,9; 1Sam 8,6-7; 1Re 17,9-24; 18,4; Mal 2,7; Mt 4,19-
22; 8,21-22; 10,11-15.20; 12,48-50; 16,24-26; 18,5.10.20; 25,40; Mc 16,15-16; Lc 9,48; 10,16;
14,26; Gv 1,12; 12,25-26.44-45.48-49; 13,20; 17,20; At 13,46; 16,14-15; 2Cor 5,20; Gal 4,13-14;
6,14; 1Ts 2,13; 4,8; Eb 6,10; 3Gv 5-10
- La serietà dell’annuncio cristiano.
- Siamo ancora nel contesto del discorso missionario che Gesù rivolge ai discepoli. Ciò rientra nel tema più generale della missione “profetica” della Chiesa, che è uno dei principali presenti in Mt, da 5,11-12 (“i profeti prima di voi”) fino alla conclusione (“io sono con voi”). La Chiesa nel suo insieme svolge quel mandato di mediazione fra Dio e gli uomini che nell’Antico Testamento era riservato ai singoli profeti. Anche il brano di Vangelo odierno che presenta si sottolinea il tema dell’identificazione di Dio con i suoi inviati. La missione della chiesa è di così vitale importanza che chiama a responsabilità sia chi la mette in atto sia chi la riceve. Da una lato l’inviato non deve anteporre nulla alla sua missione; dall’altro il destinatario è chiamato a prendere seriamente, come una questione di morte e di vita, il messaggio che gli viene comunicato.
- Ciò viene messo in luce anche dal parallelo con la prima lettura in cui delle persone accolgono Eliseo in quanto uomo di Dio e ne ricevono una ricompensa. Anche in questo caso si tratta di una tematica prettamente profetica: nel profeta inviato dal Signore è il Signore stesso che parla e l’accoglienza o il rifiuto dell’uno equivale all’accoglienza o il rifiuto dell’Altro. In Dt 18,18-19 si afferma chiaramente che il Signore chiederà conto a chi non avrà voluto ascoltare il profeta da Lui suscitato. Così a Samuele, che cercava invano di dissuadere il popolo dal volere un re, il Signore dirà: “Non te hanno rifiutato, ma me hanno rifiutato dall’essere re sopra di loro” (1Sam 8,7).
- “Chi accoglie me accoglie chi mi ha mandato” (v. 40). Questa frase di Gesù riflette quanto detto sopra. E tuttavia appare un salto di qualità. Se nei profeti dell’Antico Testamento si potevano comunque facilmente distinguere il “mandante” (Dio), l’inviato (il profeta), il messaggio trasmesso dal profeta, e l’oggetto del messaggio (per esempio la realizzazione di una salvezza o di una sciagura), in Cristo questi aspetti coincidono. Gesù non dice: “Così parla Jahvè …”, ma dice: “Io vi dico …”. Anche se è stato inviato dal Padre, quello che Gesù dice lo dice in prima persona. Il messaggio di Gesù è del Padre (Gv 8,26; 12,48-49) tanto quanto è di lui stesso (Gv 8,47; 16,13-15). Inoltre anche l’oggetto del messaggio è lui stesso. Il regno di Dio, la salvezza che si è avvicinata, è la sua stessa persona. In questo senso l’identificazione di Dio con il suo profeta raggiunge in Cristo la sua massima espressione. Gesù è la Parola di Dio fatta carne. La sua stessa persona è la Parola definitiva del Padre.
- “Chi accoglie voi accoglie me” (v. 40). Cristo si identifica con i suoi inviati. Come Jahvè condizionava l’accoglienza della salvezza all’accoglienza dei suoi profeti e della parola che essi comunicavano, così ora fa Cristo con la Chiesa. Si tratta dei discepoli di Cristo in quanto Chiesa, in quanto cioè portatori di quel messaggio e di quel potere salvifico che Gesù ha loro affidato. La ricompensa, vale a dire il conseguimento completo della salvezza, si riceve tramite l’accoglienza del profeta “in quanto profeta” (v. 41), del piccolo “in quanto discepolo” (v. 42); possiamo dire, in quanto egli è Cristo. La ricompensa non è legata alla buona azione in sé, ma all’accoglienza del profeta in quanto tale, del cristiano in quanto tale, in quanto portatore della salvezza (1Ts 2,13). È l’accoglienza dei discepoli di Cristo in quanto portatori del messaggio di Gesù, anzi di Gesù stesso. È l’accoglienza della Chiesa in quanto portatrice del regno di Dio. È la stessa idea che troviamo in Mt 25,31ss.; si entra nel regno non tanto in base alla buona azione in sé ma per aver accolto i fratelli più piccoli di Cristo, che sono i cristiani, in particolare gli apostoli. D’altro lato, rifiutare la Chiesa significa rifiutare Cristo e la possibilità di entrare nel regno (Lc 10,16; Mc 16,16; At 13,46). Da questa verità derivano almeno due fondamentali conseguenze.
a) Il lavoro missionario del singolo come della Chiesa nel suo insieme richiede perseveranza, appunto per il fatto che Cristo ha voluto raggiungere gli uomini attraverso i suoi inviati. «Se i missionari sono veramente persuasi che coloro che li accolgono – accoglienza implica sia ospitalità che fede nel loro messaggio – veramente ricevono Gesù, allora sarebbe difficilmente pensabile rinunciare al compito missionario, non importa quanto grande siano le sue pene» (cit.). In altri termini: non c’è un’alternativa al compito della Chiesa di portare la salvezza. Se la Chiesa non esercita tale compito, nessun altro potrà farlo. Perciò la frase di Mt 10,37 (“chi ama il padre o la madre …”) si può intendere rivolta anche agli apostoli stessi, nel senso che l’incarico che essi ricevono sorpassa ogni legame umano proprio per l’importanza e l’urgenza che esso riveste.
b) Sottovalutare o sminuire questa realtà non significa semplicemente relativizzare la funzione della Chiesa per gli uomini, ma la stessa opera salvifica di Cristo. Se l’accoglienza della Chiesa è qualcosa di facoltativo, di non essenziale, allo stesso modo lo sarà anche la salvezza di Cristo, che è invece unica e universale → Dichiarazione “Dominus Iesus” circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa:
“Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui; perciò, la pienezza del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore. Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa” (n. 16) … “Deve essere fermamente creduto che la «Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza; ed egli si rende presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa. Ora Cristo, sottolineando a parole esplicite la necessità della fede e del battesimo (cf. Mc 16,16; Gv 3,5), ha insieme confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta». Questa dottrina non va contrapposta alla volontà salvifica universale di Dio (cf. 1 Tm 2,4); perciò «è necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza»” (n. 20).
Tutto ciò rimane vero non solo per i non battezzati, ma anche per i cristiani stessi che non possono bypassare la Chiesa nel loro rapporto con Cristo. - La missione che Gesù ha affidato ai suoi discepoli ha un valore assoluto. A motivo di ciò tutte le altre realtà preziose della vita, come anche la vita stessa, sono relative, secondarie, rispetto a questa missione. E anche in questo il cristiano imita Cristo (Mt 12,48-50), sapendo di appartenere alla nuova famiglia dei figli di Dio. Per questo il cristiano può accettare il disprezzo che eventualmente gli può venire dai suoi familiari a causa di Cristo. Il “prendere la propria croce” (v. 38) indica la disponibilità di accettare anche il massimo disonore a causa di Cristo, il ripudio delle persone più care, come si deduce dai precedenti versetti (non presenti nel brano) 34-36. Chi ama qualsiasi cosa più di Gesù non può essere “degno” di lui, cioè non può “essere in grado” di svolgere la sua missione, quella di “confessare” Cristo (vangelo di domenica scorsa) davanti agli uomini anche al punto diperdere la vita. E chi non è in grado è come sale che non sala o luce nascosta (Mt 5,13-14), cioè inutile in quanto cristiano. E, in ogni caso, chi pensa di aver trovato la vita fuori di Cristo si illude, perché perderemo tutto. «Chi lascia Dio per il mondo non avrà né Dio né il mondo» (cit.). L’unica cosa
che rimane è invece Cristo.
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/
