I lettura: 1Re 3,5.7-12
II lettura: Rm 8,28-30
Vangelo: Mt 13,44-52
- Testi di riferimento: Gb 23,12; 28,18; Sal 1,5; 119,11; Pr 2,1.3-6; 3,13-15; 4,7-8; 8,10-11.19;
20,15; 23,23; Ct 3,3-4; 8,7; Sap 6,12; 7,7-9; 8,2.21; Sir 20,30; Is 55,1; 65,1; Ger 29,13-14; Mal
3,17-18; Mt 6,33; 7,6-8; 10,26; 11,25; 12,34-35; 13,11.34-35.39-41; 19,21; 25,9.32; 28,19; Rm
9,30; 1Cor 2,7-16; 4,5; Ef 3,9-11; Fil 3,7-8; Col 2,2-3; Ap 3,18; 20,12-15
- La prima lettura. Si descrive l’episodio in cui il giovane Salomone, chiamato a succedere sul trono al padre Davide, ha l’occasione di chiedere a Dio qualcosa di importante per sé o per il suo regno. Dio è disposto a concedergli qualsiasi cosa gli chieda. È l’occasione della vita. E Salomone è
già così saggio (per trovare la vera sapienza occorre essere già saggi: Sap 8,21) da chiedere la cosa
giusta, cioè la sapienza nel governare. La preghiera di Salomone fa tenerezza. Egli manifesta a Dio
la sua piccolezza e la sua inettitudine nel fare qualsiasi cosa, soprattutto nel prendersi cura del popolo che appartiene al Signore. La regalità gli appare come qualcosa di molto superiore alle sue forze.
Per questo chiede la sapienza. Nella Scrittura la sapienza è qualcosa a cui devono aspirare tutti, ma
in primo luogo i governanti (Sap 1,1). La richiesta chiave di Salomone è espressa nel v. 9: «dà al
tuo servo un cuore che ascolta» (non “un cuore docile” come anche la nuova traduzione della CEI
erroneamente riporta). Chiedere “un cuore che ascolta” significa chiedere la capacità di capire, come dimostra il discorso di Dio al v. 12: «Io ti concedo un cuore saggio e intelligente». L’incapacità
di ascoltare viene dalla presunzione di sapere già, di possedere già la sapienza. Per trovare la Sapienza occorre innanzitutto cercare col desiderio sincero di trovarla e, in secondo luogo, essere disposti a rinunciare a tutta quella sapienza umana, quel bagaglio mentale che ha guidato la propria
vita fino ad ora (Fil 3,8). Si tratta quindi di un cambio di mente, una metanoia. Nel linguaggio biblico il “cuore” equivale alla nostra “mente“. Per questo Salomone chiede a Dio un cuore, cioè una
mente, capace di ascoltare e quindi di comprendere (1Re 3,11). Proprio come Gesù chiede ai discepoli nel brano di Vangelo odierno (v. 51), la cosa fondamentale è intendere. - Il Vangelo.
- Il tesoro del regno. Continuando il discorso riguardo al regno dei cieli, le parabole odierne del tesoro e della perla preziosa presentano un altro aspetto, quello della sapienza. Secondo i testi sapienziali la sapienza va “cercata”, “trovata”, “acquistata”, anche al prezzo di “tutto ciò che si possiede”
(vedi testi di riferimento). La sapienza vale più dei tesori e delle perle (Pr 3,13-15; 8,11.19; 16,16;
Sap 7,9.14). Gesù identifica quello che nell’Antico Testamento era la sapienza con il regno dei cieli
(Mt 6,33). Il tesoro è la sapienza del regno dei cieli che si acquista diventando discepolo di Cristo
(13,52). Chi si pone alla scuola di Cristo accumula un tesoro buono nel suo cuore (Mt 12,34-35)
cioè nella sua mente. Tutti abbiamo un bagaglio mentale, culturale, che ci siamo fatti nel corso della
nostra esistenza attraverso ciò che abbiamo imparato dalla vita, dalle esperienze, dal mondo in cui
viviamo; con questo bagaglio giudichiamo la realtà che ci circonda: noi, gli altri, il mondo. Questo è
una ricchezza, è un tesoro, perché senza questo bagaglio “sapienziale” avremmo un grosso handicap; saremmo incapaci di valutare le cose, di prendere decisioni, ecc. Ora però Cristo dice che tutto
quello, anche se ha un valore, non è il vero tesoro. Entrare nel regno dei cieli significa trovare la vera ricchezza, perché chi si è messo alla scuola del regno, cioè di Cristo, scopre che si può vedere la
realtà in un modo completamente diverso; nel modo in cui la vede Dio. Questa è una sapienza nascosta (1Cor 2,7), perché “chi può conoscere la mente di Dio?” (1Cor 2,16); e tuttavia questa sapienza si può trovare e acquistare. - Il regno dei cieli implica dunque in una sapienza riguardo alla realtà; consiste in una presenza interiore (Lc 17,21), come è interiore la sapienza, l’intelligenza, il discernimento. Il regno dei cieli non
è una realtà esteriore, un regno umano dove nessuno soffre, dove non ci sono ingiustizie (anche se i
figli del regno con la loro sapienza possono aiutare il mondo in questo senso). Ciò avverrà solo alla
fine dei tempi. Ora il tesoro del regno va custodito nel cuore e annunciato agli uomini “perché non
c’è nulla di nascosto che non debba essere svelato”, anche se questo attirerà persecuzioni (Mt
10,26-33). - Quello che Dio ha tenuto nascosto ai sapienti e intelligenti lo ha rivelato ai piccoli (Mt 11,25).
Nessuno può conoscere la mente di Dio; eppure san Paolo ha il coraggio di affermare che «noi abbiamo la mente di Cristo» (1Cor 2,16). La sapienza divina ci viene donata per mezzo dello Spirito
Santo (1Cor 2,10-12). Il regno dei cieli è la presenza di Cristo, sapienza eterna, dentro di noi. Cristo
stesso è il regno. In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e intelligenza (Col 2,3) perché in lui
abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9). Per possedere il tesoro occorre comprare tutto il campo. Il campo è Cristo, perché in lui Dio ha nascosto i tesori della Sua sapienza. Il
paradosso della parabola sta nel fatto che non si può prendere il tesoro senza acquistare il campo e
quindi conservare i propri beni; non si può prendere di Cristo solo qualcosa, quello che mi fa più
comodo o mi sembra meglio. Occorre acquistare il “Cristo totale” che è la Chiesa, perché solo chi
accoglie e ascolta la Chiesa, accoglie e ascolta Cristo (Mt 10,40). Ciò significa che non si può essere del regno e contemporaneamente del mondo. Non si può prendere qualcosa del regno continuando ad avere la mentalità e le categorie del mondo. Non si può avere il tesoro del regno e il tesoro del
mondo (Mt 19,21). Per questo si insiste sul “vendere tutto quello che si ha”. Fare questo è possibile
solo se si è mossi “dalla gioia” per la scoperta del tesoro (Mt 13,44). - Una volta acquistato il tesoro occorre preoccuparsi di non perderlo, perché “abbiamo questo tesoro
in vasi di creta” (2Cor 4,7), cioè nella nostra fragile persona. La consapevolezza della nostra fragilità ci fa coscienti che possiamo perdere questo tesoro del regno, e allo stesso tempo ci fa attenti a difenderlo da qualsiasi pericolo, da qualsiasi tentazione. La parabola della divisione dei pesci ricorda,
ancora una volta dopo la parabola della zizzania, che occorre pazientare e non lasciarsi impensierire
dall’apparente debolezza del regno, il quale avrà il suo compimento soltanto alla consumazione dei
secoli. Allora, alla venuta del Signore, ci sarà il giudizio e si conosceranno chiaramente le cose nascoste e le intenzioni dei cuori (1Cor 4,5).
- La seconda lettura. Avere messo come centro della propria vita, dei propri desideri, delle proprie
aspirazioni, il conseguimento della Sapienza, e quindi di Dio stesso e della sua volontà, significa
aver capito che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28). In questo testo san
Paolo sta parlando della preghiera e di come spesso il giusto, il cristiano, colui che ama Dio e cerca
la sua volontà, nemmeno sappia cosa gli convenga. Per questo lascia che lo Spirito stesso interceda
per lui, secondo i disegni di Dio. Poiché chi ha ricevuto questa sapienza dall’alto sa che niente
sfugge dal controllo di Dio e che niente può veramente danneggiarlo se non l’essere separato da
Lui. Il cristiano, il figlio di Dio, ha raggiunto quella sapienza che gli permette di comprendere come
ogni cosa, ogni evento, bello o brutto, lieto o triste, nel misterioso disegno di Dio che è più sapiente
di ogni sapienza umana, coopera alla realizzazione della chiamata di Dio per lui che è quella di diventare conforme all’immagine di Cristo.
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/
