XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/10/2023)
Non c’è nulla di peggio in questo mondo di chi è convinto. Con questa espressione potremmo riassumere il cuore del messaggio della bellissima parabola di questa domenica. Gesù indirizza un forte messaggio ai sacerdoti e agli anziani del popolo, coloro che si sentivano più avanti degli altri, fermi nelle loro posizioni granitiche, ma incapaci di accogliere la novità di Dio. Tali possiamo essere anche noi, cristiani di questa generazione. Il rischio di rinchiudersi dentro una corazza di perbenismo, di badare all’esterno della coppa, più che all’interno, non è lontano da noi. Quante volte nel nostro vivere quotidiano vogliamo salvare la faccia, anziché manifestare quello che veramente pensiamo. Il discepolo di Gesù, come ci insegna il Maestro, non è il perfetto e l’impeccabile, ma colui che, pur commettendo degli errori, è capace di riconoscere i propri limiti, proprio come il primo figlio di questa parabola, e sa tornare sui propri passi. Questo è ciò che chiamiamo “conversione”, cambiamento di mentalità. Non si tratta necessariamente di un evento puntuale nella nostra vita, quanto piuttosto di un dinamismo sempre presente, di chi vigila su se stesso e sui propri passi, lasciandosi guidare non dalle proprie idee e convinzioni personali, ma dall’azione della grazia. L’atteggiamento di chi si sa mettere in discussione e si lascia guidare dallo Spirito è fondamentale per evitare la terribile tentazione dell’ipocrisia, di chi in altre parole porta dentro di sé una frattura interiore profonda tra ciò che dice, pensa, professa e ciò che fa. Gesù apostrofa costoro come quelli che “dicono e non fanno” (Mt 23,3).
Bene-dire (a cura di don Francesco Diano)
Questa parabola riguarda ciascuno di noi. Abbiamo detto «sì» quando abbiamo riconosciuto la legittimità della legge di Dio e promesso di sottometterci ad essa; ma il più delle volte continuiamo a vivere o riprendiamo a vivere senza preoccuparci della volontà di Dio. Crediamo di vivere nel Regno perché un tempo il nostro «sì» è stato sincero, ma ciò che vi è di più abituale in noi sfugge alla volontà di Dio che ci chiama al Regno. Spesso le nostre azioni sono in sintonia con la volontà di Dio, ma, quando ciò che vogliamo non si accorda con la sua volontà, è in genere il nostro volere ad avere la meglio; obbediamo ai nostri desideri e ai nostri capricci. Ma la vita nel Regno non consiste nell’iscrizione del nostro nome in un libro [dei battesimi o dei matrimoni]. L’ingresso nel Regno richiede una volontà viva e continua, un’accettazione costante e attuale della volontà di Dio su di noi. È un «sì» continuamente ripetuto (Y. de Montcheuil, Il Regno e le sue esigenze).
Preghiera
Ho paura a di “sì”, Signore.
Dove mi porterai?
Ho paura del “sì” che comporta altri “sì”.
Ho paura a mettere la mia mano nella tua;
perché tu possa stringerla […]
O, Signore, ho paura delle tue richieste,
ma chi può opporti resistenza?
Che venga il tuo regno, non il mio,
che sia fatta la tua volontà e non la mia,
Aiutami a dire “sì”.
(Michel QUOIST)
Fonte:https://caritasveritatis.blog/
