Don Paolo Zamengo “Il ricordo del Natale”

I Domenica di Avvento (Anno B)  (03/12/2023)

Vangelo: Mc 13,33-37 

Inizia l’Avvento, tempo di particolare intensità per chi è
discepolo del Signore Gesù. Essere suoi discepoli non è solo
condividere uno stile di vita, una morale o dei contenuti di fede,
ma dall’aver sperimentato nella propria vita la presenza del Dio
fedele che ci ha amati nel Figlio Gesù Crocefisso e Risorto e che
sempre realizza le sue promesse!

Culmine e meta di quelle promesse è che Gesù, il Figlio Amato, l’Emmanuele, Dio-con-noi, tornerà alla
fine della storia e la riempie di un modo diverso di essere uomini. Deve essere chiaro che l’Avvento
non è il tempo che ci prepara al Natale! L’Avvento è, e bisogna ridirlo con forza, il tempo che, ogni
anno, deve affinarci nella nostra identità cristiana di uomini e donne che attendono il Signore.
Questa attesa non ci fa evadere dalla storia ma ci pone nella storia non da prigionieri della storia ma
come uomini e donne viventi con la forza e lo slancio di quell’attesa di Lui. In questo modo i discepoli
di Cristo sfuggono dalla tentazione di idolatrare il presente leggendolo come unico orizzonte ma non
evadono il presente perché il Signore si attende vigilando e questo possiamo farlo solo nel nostro oggi,
in ogni oggi.
Il ricordo del Natale verrà alla fine dell’Avvento per farci celebrare la fedeltà di Dio che aveva promesso
di esserci per il suo popolo e l’ha fatto davvero e in modo tanto radicale e inimmaginabile che non può
non riempirci di stupore. Dio realizza le sue promesse facendosi carne in mezzo agli uomini, uomo tra
gli uomini. Chi avrebbe potuto immaginare che Dio scegliesse la via dell’umano, della carne? Gesù di
Nazareth è la risposta. Una risposta che ci autorizza ad attendere il suo ritorno che sarà fedele così
come fedele fu l’adempimento della promessa … e non solo fedele ma anche eccedente rispetto alla
promessa stessa!
 Il tempo di Avvento è dunque un tempo essenziale e non un tempo di passaggio o di preparazione ad
una grande festa; è tempo in cui bisogna interrogarsi sulle nostre attese e speranze; è il tempo in cui
verifichiamo se il nostro oggi è vivificato dall’attesa del Signore o è mortificato ed ingrigito dalle attese
mondane o dalle piccole speranze che il mondo coltiva. Il tempo di Avvento ci chiede di verificare la
nostra vigilanza. Il “frattempo” della Chiesa è ben descritto da Marco che da questa domenica ci
accompagna con il suo Evangelo. La breve parabola che Gesù racconta dice di un uomo che parte per
un viaggio e lascia ai suoi servi la casa e la potestà di compiere ciascuno la sua opera.
Per Marco la vigilanza si declina come operosità concreta, come sguardo puntato verso quel Padrone
che potrebbe tornare d’improvviso. Vigilare è dunque anche avere memoria di Lui, ricordare le sue
parole e i suoi “precetti”.
Sulla porta della storia c’è bisogno di qualcuno che vigili, che attenda, che abbia lo sguardo puntato
fuori, oltre le mura della casa. Penso che questo “portiere” possa e debba essere la Chiesa e tutti noi
nell’atteggiamento delle sentinelle chiamate ad annunziare l’arrivo del Signore. È nostro compito,
compito di noi discepoli del Signore; è compito da cui non ci si può sottrarre …
E se ci si sottrae si vien meno alla parola che il Signore ci ha rivolto prima di intraprendere il suo Esodo,
il suo viaggio: è partito ma tornerà! Questa certezza, fondata sulla sua parola, ci bruci il cuore d’amore
e di speranza; ci bruci il cuore dell’attesa!