Don Paolo Zamengo “Giovanni il battista è il testimone”

II Domenica di Avvento (Anno B)  (10/12/2023)

Vangelo: Mc 1,1-8 

Il polverone alzato dal Battista nel deserto di Giuda è così
spesso che giunge fin nella capitale, Gerusalemme, e spinge
i giudei, gelosi custodi della legge e della tradizione, a
mandargli una delegazione: insomma a comunicargli che il
suo nome è finito sul libro degli indagati.
Non è che a Gerusalemme si siano inquietati
eccessivamente per le parole vibranti di Giovanni, altrimenti si sarebbero scomodati di persona. È
che, politicizzati come sono, sono convinti che è meglio tenere sotto controllo le coscienze, le
novità religiose e soprattutto quei personaggi un po’ eccentrici come sembrava essere Giovanni.
Dio mandò Giovanni. E i Farisei mandano gli inquisitori. Che strano! Dio mandò Giovanni perché
testimoniasse la Parola, per ravvivare la Luce e orientare la Vita. E i farisei mandano per indagare,
per spegnere, per controllare che nulla sfuggisse al potere.
“Chi sei?” Domanda banale, perfino scontata, ma non sanno farne un’altra. Giovanni, comunque,
non la respinge e fa, della risposta, il suo atto di fede. Dice: Io appartengo a Dio. Per questo sono
voce della sua Parola che viene “prima” e che sarà “per sempre”.
Con queste poche, centellinate, parole Giovanni dice chi è e traccia anche la nostra identità: chi
siamo noi. Noi siamo voce, eco di una Parola che ci precede e ci accompagna, che ci riempie e ci
avvolge, che scuote e cambia, che innamora e chiede amore.
Chi appartiene a questa parola non ha bisogno di consensi o di applausi ma di essere umile, pronto
a vivere nell’ombra, in totale apparente inutilità, nascosto dentro le viscere della terra, come il
seme che muore per dare vita, come le fondamenta di una casa, invisibili a tutti, ma indispensabile
sostegno e forza.
Chi sei tu? Che cosa dunque sei? Chi sei? Che cosa dici di te? Vi confesso che queste quattro
domande ripetute nel giro di pochi versetti del vangelo hanno attirato in questi giorni la mia
attenzione, e un po’ il mio tormento. Chi sono io? Chi sei tu?
Appartengo a Dio? Apparteniamo a lui che fa risuonare nella nostra voce la sua parola? Sono
campo e terra, dove la generosità della sua mano depone il seme di vita perché in me e in noi
fiorisca la speranza? Sono faro e bussola che orienta il cammino del viandante e dice “la notte è
finita: guarda già si vedono le luci dell’alba”?
Solo un profeta vede la luce oltre le tenebre; solo un profeta riconosce la voce di Dio e scuote
animi e pensieri; raddrizza i percorsi tortuosi, predispone cuori ad accogliere la salvezza, spegne i
fuochi della paura, rompe gli intrecci nefasti e pervasivi del male, incenerisce le droghe per
riprendersi la libertà e la vita.
Il profeta Giovanni prova a sciogliere lacci che non permettono cammini di crescita, spezza
sicurezze smodate che affondano radici in ricchezze che non fanno filtrare luci di speranza o
aspirazioni legittime di nuova umanità.
E dice a noi: “È ora, è qui, è adesso!”.