Don Paolo Zamengo “Figure dell’attesa”

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A)  (30/12/2022)

Vangelo: Mt 2,13-15.19-23

A chi viene presentato Gesù nel suo ingresso nel mondo? Ai pastori,
razza scomunicata e oggi l’evangelista Luca fa entrare Gesù nel
tempio e incontra Simeone e Anna. Vediamo un uomo, Giuseppe, e
una donna, Maria, portare il loro bambino, uno come tanti, come lo
portavano tutti. E non accadeva nulla nel tempio. Ed ecco arriva
Gesù. Quell’uomo e quella donna con il loro bambino passano inosservati. Forse si aspettava il Messia da
una famiglia blasonata, non certo da due genitori che portavano un’offerta povera, quella dei poveri. Il
bambino taceva o forse solo piangeva.
Che la salvezza fosse in braccio a una madre in un bimbo senza parola, era quasi da non credere. Ma gli
occhi videro la salvezza. Gli occhi di chi? La solennità di questa presentazione, di ogni vera presentazione
del Signore, trova rifugio negli occhi e nell’anima dei veri credenti. Incontriamo oggi Simeone e Anna, volti
scavati dalla vecchiaia ma ancora capaci di attendere. Non si erano arresi alla tentazione di spegnere alla
sera i sogni accesi al mattino. Simeone dice “Ora”. “Ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”. E anche Anna a ottantaquattro anni era ancora là, di
giorno e di notte, tra quelli che attendevano la venuta del Redentore.
Simeone teneva in braccio il bambino. Il vecchio e il bambino, gli estremi della vita, dentro la salvezza. Il
vecchio salutava la salvezza in quel bimbo e benediceva Dio e le sue parole, quelle di un vecchio, erano un
canto. Parole che la chiesa canta ancora ogni sera, all’avvicinarsi della notte. E così da secoli. Simeone, il
vecchio Simeone, mai e poi mai avrebbe immaginato che, dopo duemila anni, ogni sera sulla terra, si
sarebbero cantate le sue parole.
Pensate quante cose gli occhi di quel vecchio avevano visto nella sua vita. E poi avrebbe visto la morte che
è la cosa che vedono tutti, che vediamo tutti. Ma c’era per lui una promessa: “che non avrebbe visto la
morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore”. Quel giorno, mosso dallo Spirito, si era recato al
tempio e quel giorno i suoi occhi videro. Videro la salvezza. È una questione di occhi. Tutti vedono la stessa
scena, gli stessi personaggi, ma c’è chi non va oltre, non vede altro.
Mi viene in mente la beatitudini del monte: “Beati i puri di cuore, vedranno Dio”. Beati coloro che hanno
custodito la limpidezza dello sguardo, che non si sono lasciati corrompere da interessi o da presunzione:
loro vedranno Dio. Chi accoglie Gesù e lo riconosce sono due anziani dalla fede semplice e dal cuore
aperto, che hanno vissuto una lunga vita aspettando la salvezza di Dio. Questa fede semplice che aspetta
da Dio la salvezza è anche la nostra fede?
Di Simeone è detto che era un uomo giusto e timorato di Dio. I timorati di Dio, quelli che non si sentono
padroni di Dio né del suo mistero, davanti a lui stanno, come Mosè, togliendosi i calzari, sanno di
calpestare terra santa. Giusti e timorati di Dio sono quelli che “aspettano la consolazione del loro popolo”.
Hanno occhi solo per il popolo. A loro sta a cuore non la sorte o gli interessi personali, ma quelli del bene
comune. Sono quelli che non si sono arresi, non si sono rassegnati al degrado e ancora aspettano.
Aspettano il conforto, non semplicemente il loro, ma quello di un popolo. Aspettano la consolazione, non
la loro, ma quella di un popolo. 
Tante cose aveva visto Simeone nella sua vita ma non gli avevano risolto la paura della morte. Anche noi
vediamo eventi che ci lacerano la vita, abbiamo visto volti a noi cari di una tenerezza struggente eppure
non ci basta perché possiamo andarcene senza paura e per andarcene in pace. Ed è per questo che
vorremmo incrociare Gesù e la sua luce, per poter andare in pace con Lui. Perché la sua luce ha tolto
l’ombra della paura sia alla vita che alla morte. Se lasceremo entrare Gesù nel suo tempio, se ci lasceremo
muovere dal suo Spirito, non avremo paura di andarcene. E ce ne andremo in pace.