Don Paolo Zamengo “Seguitemi”

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (21/01/2024)

Vangelo: Mc 1,14-20 

Le prime parole hanno la freschezza della sorgente. Sono da
custodire e da esplorare. Gesù si recò nella Galilea. Dal Giordano
del Battesimo, dal deserto della tentazione, il ritorno in Galilea e
cioè nel luogo della quotidianità. L’esperienza della fede non è
chissà dove, non è in luoghi privilegiati o separati, è dentro
l’avventura quotidiana della vita.

E le prime parole di Gesù sembrano sottolineare un’urgenza: “il tempo è compiuto”. Come se Gesù dicesse:
non c’è tempo da perdere, sta per scadere il tempo. Ed è una parola eloquente per le nostre giovani
generazioni che sono ostaggio dell’indecisione, della fatica e della paura di scelte definitive. “Il regno di
Dio è vicino, è qui”. Annuncio sorprendente, forse anche per noi abituati a pensare che il regno di Dio sia
da raggiungere dopo una faticosa scalata.
Al contrario: è qui, è in mezzo a voi. “Dentro di voi”: dirà un giorno Gesù. Che il sogno di Dio sia arrivato
fino a noi è di certo una buona notizia. Perché se il regno di Dio fosse lontano, che notizia buona sarebbe?
Il regno di Dio, il sogno di Dio in mezzo a noi, è Gesù: è questa storia che Marco si accinge a raccontare. A
questo annuncio si lega la chiamata dei discepoli che ci colpisce e ci conquista. I luoghi della chiamata sono
i luoghi quotidiani: si parla di lago, si parla di barche, di reti, di pescatori. Gesù li osserva: li sorprende in
quella passione, nella cura delle barche e delle reti.
E mi colpisce quella parola cruda del Signore, una parola che le racchiude tutte e crea il discepolo:
“Seguitemi”. E mi colpisce anche l’immediatezza dell’ascolto, l’obbedienza assoluta: “E subito, lasciate le
reti, lo seguirono”. Così è detto di Simone e Andrea. Così è detto di Giacomo e di Giovanni, suo fratello.
Venite dietro a me. Parola che contiene tutte le altre; parola che contiene la strada e il suo perché. I
quattro sapevano pescare. Ma “pescatori di uomini” è una parola inedita, un po’ illogica, ma che significa:
vi farò cercatori di uomini, come se foste cercatori di tesori. L’uomo è un tesoro.
Ma che cosa significa lasciare le reti, lasciare il padre e la madre? Dobbiamo ritornare alla parola
“seguitemi”. Significa darsi a Cristo nella totalità che non darai mai a nient’altro e a nessun altro. Significa
mettere il regno di Dio, il sogno di Dio, prima di tutto. Significa aver intuito che il lavoro, gli affetti
rappresentano tanto nella nostra vita ma non sono tutto.
I discepoli di Gesù in fondo, non hanno lasciato il lavoro quotidiano e i parenti: li incontreremo ancora sul
lago a pescare ma certo hanno abbandonato la mentalità che fa del lavoro il centro e il tutto della vita. E
dunque, se, dopo questa parola “Seguitemi”, sai partire, significa che sei sfuggito all’imprigionamento e al
soffocamento. Significa che ti è rimasta la libertà: la forza, il coraggio, la gioia della libertà.
I quattro erano uomini semplici ma non sprovveduti. Conoscevano la vita, sapevano distinguere le
illusioni. Andrea e Giovanni erano stati alla scuola del Battista e avevano già sentito parlare di Gesù, forse
lo avevano anche incontrato. Sono loro due che fanno da calamita per Pietro e Giacomo. Al termine di
quella giornata la conclusione è la stessa per tutti: “lo seguirono”. Discepolo non è uno che ha lasciato
qualcosa, discepolo è chi ha trovato qualcuno. Vi farò pescatori di uomini, al futuro.
Bisogna avere pazienza, lasciar fare, lasciarsi fare, lasciarsi formare, forgiare, plasmare. I primi quattro non
sono stati scelti perché buoni o migliori ma semplicemente perché lasciano a Gesù spazio e tempo per
l’opera delle sue mani. Anche noi siamo stati attirati dallo sguardo di Gesù. È una vita che sentiamo il
fascino del suo sguardo profondo e della sua parola. È bello capitolare dinanzi all’amore, all’amore più
grande della nostra vita.