V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (04/02/2024)
Non sappiamo molto di questa donna, se non per il fatto che a
causa della sua malattia ha fatto preoccupare molta gente. “La
suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo
pregarono per lei”. Non è solo Pietro a chiedere a Gesù la
guarigione ma c’è tutta una comunità che le vuole bene, che in
sinagoga ha pregato per lei e che ora chiede l’intervento di Gesù che ha toccato il loro cuore con la sua
predicazione.
Non sappiamo cosa abbia fatto di straordinario questa donna per meritarsi tanto affetto, ma possiamo
immaginarlo da quello che fa una volta guarita: “E subito si alzò in piedi e li serviva”. L’evangelista ci fa
comprendere che questa donna è di poche parole ma di tanta generosità. Una di quelle che non si perde
nelle chiacchiere, ma subito, umilmente si mette a servire. Abbiamo di fronte una donna silenziosa, dal
cuore grande, che ha fatto del suo amore verso il prossimo la sua più grande eloquenza. Ecco il segreto per
cui è tanto amata dalla comunità di Cafarnao e persino da Pietro suo genero.
Se desideriamo essere riconosciuti, stimati, apprezzati e amati, noi dobbiamo essere i primi a mettere in
circolo l’amore, quello gratuito e senza pubblicità. Ma non solo, questa donna così silenziosa, ci ricorda che
l’amore e il servizio al prossimo non sono un optional per i cristiani, ma è una vera e propria urgenza. Ed
anche interessante il verbo che l’evangelista Marco per indicare la donna che si alza dal suo giaciglio usa in
greco ἀναστᾶσα, è lo stesso verbo usato per indicare la risurrezione di Gesù.
Coloro che hanno fatto esperienza della forza vivificante del Signore, coloro che sono risorti dalla morte dei
loro peccati possono davvero amare il prossimo come Cristo si attende da noi. Oggi come allora la Chiesa e
il mondo hanno bisogno di donne come la suocera di Pietro. Cristiani coraggiosi che, attraverso il servizio
alla famiglia, alla Chiesa, ai poveri e agli altri, sono diventati, secondo le parole dell’Apostolo Paolo
“sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12,11).
L’immobilismo fisico, spirituale e morale di tanti cristiani è sintomo di una malattia interiore che necessita
di essere guarita. Siamo veramente cristiani quando ci mettiamo in cammino verso gli altri. Non dobbiamo
arrenderci alle difficoltà né di fronte ai pregiudizi. La suocera di Pietro imita Gesù. Anche Gesù si rivela
pronto e accogliente con chiunque bussa alla sua porta. “Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi
affetti da varie malattie li condussero a lui”. Anche Gesù era infaticabile nel servire.
Gesù aveva concluso una giornata piuttosto pesante: aveva predicato nella sinagoga, esorcizzato un uomo
e guarito la suocera di Pietro, eppure non si tira indietro di fronte alle fatiche. Gesù chiude la bocca agli
spiriti del male e senza troppi giri di parole intima loro il silenzio e li caccia via: lontano da sé e dagli altri.
Questa “ecologia” della parola è quella alla quale siamo chiamati, non facendoci complici dell’andazzo di
chi che vive di mormorazioni, giudizi, pregiudizi e pettegolezzi.
Per Gesù la preghiera aveva un ruolo fondamentale: non la trascurava mai. L’evangelista Luca, in modo
particolare, ci presenta più volte Gesù che si ritira in luoghi solitari a pregare, e spesso lo fa per tutta la
notte. Nel vangelo di oggi Gesù si ritira in preghiera quando sta per iniziare il giorno e il mondo sta per
essere illuminato dall’aurora. Gesù non si lascia risucchiare dalla frenesia ma dà ad ogni cosa il giusto peso.
Per quanto possa essere bello farsi accogliere nella casa da persone amiche, e per quanto si possa rivelare
appagante liberare e guarire, Gesù riconosce che il primato è da dedicare alla preghiera. È dalla preghiera
che fioriscono tutti i suoi insegnamenti e i suoi prodigi. Non il contrario.
