Don Paolo Zamengo “Lasciamoci abbracciare da Gesù”

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (11/02/2024)

Vangelo: Mc 1,40-45

La lebbra gli aveva talmente sfigurato il volto da renderlo
irriconoscibile. Privato di identità lo chiamano immondo e dichiarato
escluso da ogni contatto sociale, respinto anche dalla famiglia. Ma il
degrado dentro il quale si sente morire sembra fare di quell’uomo un
rappresentante della moltitudine dei disperati che affollano le periferie
della vita o i poveri ammucchiati come sacchi dell’immondizia, lasciati
annegare vicino alle nostre spiagge.

Stanco di scappare e di gridare, quella maschera d’uomo si inventa un gesto di estrema audacia. Gioca
la sua ultima carta e oltrepassa i confini della legalità. Sa che la legge gli vieta di avvicinarsi ma non ha
alternative. Per vie che solo la disperazione inventa raggiunge Gesù e si butta ai suoi pedi. Intorno si
crea il vuoto.
Solo Gesù non si muove e afferma in silenzio che nulla ha prezzo quanto la vita e la dignità di un uomo.
Secondo la legge avvicinare un lebbroso equivaleva toccare un cadavere. Non era questione di igiene,
era questione di religione. Il lebbroso era un maledetto, perciò colpito da Dio e condannato. Gesù
dunque tocca un cadavere. Proprio per questo Gesù era venuto sulla terra: a risuscitare i morti. Ora,
ecco invece uno al quale, a differenza di altri sventurati, era rimasto intatto il desiderio di vivere e di
ricominciare.
Questo lebbrose è malato seriamente ma ha mantenuto intatta la sua lucidità. Non ha mezzi e meriti a
cui aggrapparsi ma ha una fede sincera. Il suo futuro è appeso a un misterioso “se”, se vuoi puoi
guarirmi, che conquista Gesù. Secoli prima in Egitto Dio aveva ascoltato il grido di dolore del suo popolo
ed era sceso a liberarlo dalla mano del Faraone. Così ora Dio ascolta ancora il grido dei deboli e dei
disperati.
Il Creatore si ribella e non accetta che i suoi figli vengano deformati e sfatti moralmente e fisicamente.
Dio guarisce e redime dalla lebbra di ogni tempo soprattutto dal peccato radice di ogni corruzione. Ma i
cataclismi, la fame, le guerre, le malattie di ogni genere, paiono alternarsi sempre sulla terra, tanto da
farci gridare “Dio, dove sei? Perché tanto dolore? Questo lebbroso con la sua preghiera contesta chi
afferma che Dio è assente, che è sordo, distratto e impassibile.
Gesù pronuncia parole che svelano il suo cuore: “Lo voglio, guarisci”. Il dolore può essere conseguenza
del peccato ma Gesù ha pagato per tutti. Ora, possiamo accogliere il dolore solo per amore. Dio non ha
creato la morte, né la lebbra, né la guerra. Dio è vita. Non sappiamo come e quando ma, goccia dopo
goccia, Dio rinnova la faccia della terra.
La lebbra non è una punizione come non lo è qualsiasi altro dolore. Gesù è venuto a guarire l’uomo e a
salvare il mondo e chiede a noi di trasformarci in “carezza di Dio”. A quanti si sono lasciati guarire dalla
lebbra del peccato, Dio chiede di trasformarsi, a loro volta, in strumenti di guarigione, di riconciliazione
e di pace. Gesù tocca il lebbroso per esprimergli solidarietà, condivisione e affetto.
È giusto denunciare la mancanza di ospedali, di medici, di infermieri, di strutture regionali o provinciali,
e di abolire i privilegi e le code infinite di attesa per avere in tempo utile la possibilità di cure o di un
referto o le indicazioni per un recupero. Ma soprattutto Gesù ci chiede più cuore e a chi cammina dietro
a lui chiede di vestire anche i suoi stessi sentimenti e gli atteggiamenti di operosa compassione.
Con i gesti di carità ci avviciniamo a Dio.
Dolore è
sulla terra
il cammino dell’uomo
zattera che lo naviga
è il cammino di Dio