Don Paolo Zamengo SDB “Sul Tabor, sospesi tra cielo e terra”

II Domenica di Quaresima (Anno B)  (25/02/2024)

Vangelo: Mc 9,2-10

Il salto è brusco, si va dal deserto alla trasfigurazione,
dalle tentazioni ai bagliori di luce, dalle proposte
devastanti del diavolo alla voce rassicurante del
Padre. La Trasfigurazione avviene sul Tabor, un’altura
poco lontana dal lago di Galilea. Questa esperienza di
luce vissuta da Pietro, Giacomo e Giovanni, accade
poco dopo la decisione di Gesù di togliere il velo di mistero sul destino di morte che i capi religiosi
gli stanno organizzando a Gerusalemme.
Gesù prende a parte i tre apostoli e regala loro un’estasi indimenticabile. L’intensità di quella
esperienza stordisce Pietro che non sapeva più che cosa dire. E anche gli altri fortunati testimoni si
riempiono di luce e ne restano abbagliati. Fino a quel momento si pensava che vedere Dio
comportasse la morte. Davanti il roveto ardente sull’Oreb Mosè si coprì gli occhi. Ai tre discepoli
invece accade di contemplare il Figlio di Dio e di rimanere in vita perché, grazie all’incarnazione di
Gesù, Dio si rivela in pienezza.
La trasfigurazione è una teofania, la manifestazione della divinità di Gesù figlio di Dio. Viene
tracciata una linea di continuità tra la confessione di fede di Pietro quando Gesù chiese a tutti:
“Ma voi, chi dite che sia il figlio dell’uomo?” e il Tabor; tra la trasfigurazione e l’agonia nel
Getsemani cui assisteranno sempre Pietro, Giacomo e Giovanni, tra il bagliore della trasfigurazione
e quello della risurrezione.
L’umanità è gravida di luce divina ed è chiamata a generarla dentro i chiaroscuri e le
contraddizioni della storia. Vivere è la fatica dura e gioiosa di liberare tutta la luce sepolta nel
profondo del cuore. Ogni uomo è come un’opera incompiuta, ma progettata dalla mano del
Creatore, fonte della luce. Ci può stare nel corso della vita la stagione della prova e del deserto ma
la fede deve terminare davanti al volto del Risorto. La fede si nutre di attesa, ma tende all’incontro
definitivo con il Signore Gesù. Se non si arriva all’incontro tutto si riduce a semplici precetti morali.
Per Pietro, Giacomo e Giovanni la luce del Tabor non rimarrà solo un evento da ammirare. In
Pietro provocherà un’attrazione fatale. Il pescatore sarà disposto a trasformarsi in un uomo di
terra. Ma perché la luce diventi energia vitale bisogna liberare il cuore da inutili zavorre,
camminare dietro a Gesù, inerpicarsi con lui fin sulla cima del monte e sostare in deliziosa
contemplazione.
Il volto di Gesù cambiò di aspetto. Il volto dell’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore,
si trasforma in ciò che prega e ama. La contemplazione silenziosa e la preghiera prolungata
trasfigurano l’uomo e rendono sacra la sua storia. Ma non si raggiungono le vette né si torva luce
vera se, prima, non si aprono gli occhi sulle proprie tenebre. Seguire Gesù è fare esperienza della
sua luce e della sua bellezza.
Se la meta non viene raggiunta è perché la preghiera rimane fuori dal cuore dell’uomo. La
preghiera superficiale costruisce la casa sulla sabbia. La luce può subire un’eclissi a causa del
peccato ma, purificato il cuore, essa torna a splendere sovrana. Chi ascolta Gesù diventa come lui.
Ascoltare Gesù significa venire lentamente trasformati. La sua parola chiama alla vita, guarisce il
passato, cambia il cuore, dona bellezza, è luce nella notte.
Finito l’incantesimo della trasfigurazione resta Gesù che è il volto del Padre. La fede in Gesù non è
una religione della visione ma dell’ascolto. Si sale sul monte per vedere, ma si viene rimandati

all’ascolto. La visione cede il passo all’ascolto. E saranno beati quelli che pur non avendo visto
crederanno e ascolteranno e vivranno la sua parola