fra Damiano Angelucci”Con-vocati e con-corporati in Cristo buon pastore”

IV Domenica di Pasqua (Anno B)  (21/04/2024) Liturgia: Atti 2,14-36-41; 1Pietro 2,20-25; Giovanni 10,1-10

Gesù è un buon pastore, o meglio il buon pastore, per almeno due motivi.

 1 Non solo non è mercenario, cioè un operaio salariato che si interessa solo di prendere la paga e fare le sue ore di lavoro, al di là della resa del gregge, ma addirittura sacrifica la sua vita per il bene del gregge. E se ci pensiamo questa è una cosa assurda. Normalmente un pastore deve vivere tosando le pecore, mungendo il loro latte, e nutrendosi e vendendo la loro carne. Gesù fa il contrario mette a disposizione la sua vita per il bene del gregge.

2  Ma ancora ben oltre questo Gesù ci parla di una riunificazione di tutte le pecore in un solo gregge e in un solo pastore, con una sorta di immedesimazione delle pecore nella persona stessa del pastore. Capiamo anche da qui che siamo su un piano totalmente altro da quello naturale. Tutti noi, o quasi, abbiamo mangiato carne di agnello nei giorni scorsi, così la carne delle pecore diventa la carne nostra. 

Ma Gesù fa esattamente il contrario, perché ci riunisce in unità, ci fa diventare in lui una cosa sola facendosi lui cibo da mangiare per noi; è un pastore così buono che è piuttosto lui che si farà dono e carne da mangiare e saremo noi sue pecore a nutrirci di lui e diventare, tramite il misterioso segno dell’Eucaristia, un solo corpo in lui, proprio come lui stesso afferma nello stesso vangelo di Giovanni “…chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 5,56).

Come non ricordare a questo punto le parole di San Francesco che nella Lettera a tutto l’Ordine così scrive: “O umiltà sublime, o sublimità umile […] Guardate fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori, umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati” (FF221)

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