Santissima Trinità (Anno B) (26/05/2024)
Celebriamo nella prima domenica dopo la Pentecoste la solennità della Santissima Trinità. Le due celebrazioni sono collocate in chiara continuità, perché intimamente collegate: proprio l’azione dello Spirito Santo ci introduce al Mistero della Santissima Trinità.
Questa celebrazione fu istituita come festa ufficiale solo nel 1334 d.C. da Papa Giovanni XXII, nonostante che i temi della celebrazione fossero scritti già nel Simbolo degli Apostoli, usato nella liturgia nel IV secolo d.C., riconosciuti ed integrati con il dogma dell’identità della sostanza del Figlio e del Padre dal concilio di Nicea nel 325 d.C, e poi, dal concilio di Costantinopoli (381 d.C.) che diede origine al Simbolo Niceno-Costantinopolitano, il Credo che proclamiamo e a cui ci impegniamo ancor oggi nella Messa di ogni domenica.
Ci si potrebbe chiedere come mai siano passati tanti secoli prima dell’istituzione di questa solennità, e potremmo anche ritenere che essa potesse sembrare superflua, dato che ogni Messa è celebrazione di Dio e, dunque, della Trinità. Resta scontato che, fin dai tempi più lontani, la Chiesa ha celebrato sempre ogni sua espressione liturgica nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Nella liturgia di oggi le letture confermano l’importanza fondamentale di questo Mistero di un Dio Unico nella Sostanza, ma distinto in tre Persone. Non si tratta di un Mistero accessibile alla nostra razionalità, ma viene affermato con certezza dal Magistero della Chiesa ed offerto non a elucubrazioni razionalistiche, ma alla nostra Fede.
Significativo, in questo senso, è il famoso aneddoto, raccontato da S. Agostino, del bimbo che, dopo aver scavato una buca nella sabbia, con la sua paletta dichiarava di voler travasare in essa tutta l’acqua del mare.
Tuttavia, dire che si tratta di un Mistero non spiegabile con la ragione non equivale a ritenerlo contrario alla ragione: sempre seguendo S. Agostino, si tratta di un Mistero che ha le sue radici nell’Amore: l’Amore che lega il Padre al Figlio diviene Persona, lo Spirito Santo; le tre Persone, poi, si identificano attraverso le reciproche relazioni.
Quando nel libro della Genesi leggiamo che l’uomo, maschio e femmina in relazione fra loro, fu creato ad immagine di Dio, scopriamo che l’immagine di Dio trasferita nella sua creatura è proprio quella di un Essere che sa mettersi in relazione.
La prima lettura di oggi è tratta dal libro del Deuteronomio (4,32-34,39-40): in essa non c’è traccia del Mistero Trinitario, in cambio c’è una sottolineatura rigorosa dell’Unicità di Dio; un Dio che ha saputo manifestare il suo Amore per il popolo di Israele in modo imprevedibile, scegliendolo fra tutti gli altri popoli e non mancando mai di dargli la Sua protezione in ogni occasione, in ogni difficoltà: la storia stessa manifesta le opere di questo DIO (“Sappi dunque oggi e medita nel tuo cuore che il Signore è Dio, lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ce n’è un altro!”).
Troviamo la stessa certezza nello Shemà Israel, la preghiera quotidiana del pio Israelita, che sta alla base del credo fiero ed orgoglioso degli Ebrei sull’unicità ed esclusività di Dio, in polemica con i popoli pagani politeisti; ed in seguito, anche contro i Cristiani, erroneamente accusati di rinunciare al monoteismo, perché si sarebbero forgiati tre dèi.
Il salmo 32 non contiene alcun riferimento trinitario e, neppure sottolinea l’unicità di Dio, ma riprende il tema dell’Amore del Padre, che segue fedelmente in ogni occasione il popolo da Lui scelto, già svolto più ampiamente nella prima lettura.
La seconda Lettura, tratta dalla lettera ai Romani (8, 14-17) accenna in maniera indiretta il tema trinitario, ricordando distintamente le tre Persone, come se esistessero autonomamente, con ruoli diversi: “Lo Spirito (ci) rende figli adottivi ed attesta, altresì, la nostra figliolanza”. La figliolanza rimanda necessariamente alla presenza del Padre; e viene citato anche Cristo, ricordando che noi condividiamo con Lui l’eredità e, dunque, la figliolanza. Non si parla allora di un entità divina solitaria, ma di un dio Trino, di cui vengono evidenziate le tre distinte Persone ed anche le reciproche relazioni. Grazie all’azione dello Spirito Santo, noi veniamo fatti figli e dunque eredi del Signore, coeredi di Gesù: si delinea così il nostro destino di venire inseriti in un’intimità profonda con Dio e di diventare un tutt’uno con la Trinità: altrove viene detto (Giovanni 17, 21-23) “Che siano tutti uno come Tu, o Padre, sei in Me ed Io sono in Te, anch’essi siano in noi… ed Io ho dato loro la gloria che Tu hai dato a Me, affinché siano uno, come noi siamo Uno”: è il destino entusiasmante di essere accolti nel seno della Trinità, che ci è stato riservato.
La lettura del Vangelo di Matteo (Mt 28, 16 – 20 ) finalmente ci offre un riferimento esplicito, diretto, alle tre Persone della Trinità. Siamo alla fine del vangelo, immediatamente prima dell’Ascensione di Gesù; Egli ha dato appuntamento ai suoi Apostoli in Galilea su un monte (ancora una volta nella vita del Signore troviamo un monte… secondo molti autori si tratterebbe del monte delle Beatitudini); qui gli apostoli compiono un gesto di importanza rilevante: “si prostrarono”. La prostrazione è il gesto tipico dell’adorazione; vuol dire che essi riconoscono in Lui la presenza di Dio, anche se ancora con qualche esitazione, perché si dice che “essi, però, dubitarono”. Non era ancora avvenuta la Pentecoste, lo Spirito Santo non era ancora sceso su di loro con la sua forza, per rendere attuali tutti gli insegnamenti di Gesù.
Ricevuto l’omaggio dell’adorazione degli Apostoli, Gesù pronuncia il suo mandato missionario: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Il mandato missionario viene consacrato dal vaglio di tutte e tre le Persone della Trinità. Ma bisogna porre attenzione al verbo usato: battezzando. Baptizein in greco sta ad indicare l’immersione nell’acqua; mentre nome (onoma) è qualcosa di più della semplice identificazione, nell’uso ebraico sta ad indicare la globalità della persona.
Allora potremo riconoscere che il sacramento del Battesimo non è un semplice rito di adesione ad una comunità! è proprio il mezzo per inserire la realtà personale degli uomini nella profondità della struttura Trinitaria.
Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/
