Don Marco Ceccarelli Commento Ss. Corpo e Sangue di Cristo, anno “B”

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B)  (02/06/2024)Liturgia: Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16.22-26

  • Testi di riferimento: Es 24,8; Lv 4,3; 16,6.15; Is 53,11-12; Ger 31,31; Sal 26,6; Zc 9,11; Mt 22,11-
    13; 26,27-28; Lc 24,30; Gv 1,29; 2,21; 6,51-54; At 2,42.46; 20,28; 27,35; Rm 3,24-25; 1Cor
    10,16.20-21; 11,25-27.31; 2Cor 13,5; Gal 6,4; Ef 1,7; 5,2.27; Tt 2,14; Eb 1,3; 4,14; 8,6; 9,18-23;
    10,3-10.22.29; 12,24; 13,20; 1Pt 1,18-19; 2,24; 1Gv 1,7; Ap 1,5; 3,20; 5,9; 19,9
  1. Il corpo e il sangue.
  • Ogni forma di vita necessita nutrimento. Dunque, se Gesù è venuto “per dare la vita e darla in abbondanza”, se nella partecipazione al suo mistero pasquale, tramite il battesimo, abbiamo ricevuto
    una vita nuova, allora egli non poteva non lasciarci anche il cibo per alimentare tale vita. Che cos’è
    questo cibo? Lui stesso. “Io sono il pane della vita”. Affinché la vita di Gesù, affinché Gesù, permanga in noi, occorre assumere il cibo appropriato, come è necessario mangiare per vivere. Questo
    è il punto centrale della solennità odierna.
  • Occorre osservare che questa solennità non è solo del Corpus Domini, ma del “Corpo e Sangue di
    Cristo”. Ciò orienta il focus sulla celebrazione eucaristica e sul mistero pasquale a cui essa è indissolubilmente connessa. È nella celebrazione eucaristica che la Chiesa continua ad offrire la vera Pasqua (1Cor 5,7), il vero agnello il cui sangue ci purifica dai nostri peccati (1Pt 1,18-19). Va messo
    in risalto perciò innanzitutto, ancora prima del “fare la comunione” o dell’adorazione eucaristica,
    l’importanza dell’intera celebrazione, in cui si riattualizza il mistero pasquale di Cristo che offre la
    sua intera persona – corpo e sangue – per la nostra salvezza. L’eucarestia, il sacrificio perpetuo del
    corpo e sangue di Cristo, è qualcosa che va innanzitutto celebrato.
  1. La celebrazione.
  • Possiamo osservare che l’aspetto liturgico, celebrativo, è sottolineato dalle letture di questa domenica. Le prime due liturgie che al popolo d’Israele viene comandato di celebrare sono la prima pasqua, quella descritta in Es 12, e quella narrata nella prima lettura odierna, cioè la liturgia dell’ alleanza al Sinai. Entrambe costituiscono un legame essenziale con la celebrazione eucaristica. In Es
    24 (lettura odierna) vediamo appunto una liturgia costituita da vari elementi. Innanzitutto c’è
    l’ascolto della parola di Dio. Non esiste liturgia senza il popolo di Dio, e non esiste il popolo di Dio
    senza il legame con Dio, senza l’ascolto di Dio. Sono le dodici tribù che diventano un solo popolo
    nell’accoglienza dell’alleanza. Poi il popolo promette di obbedire a quanto Dio ha detto. Poi ci sono
    dei sacrifici. Poi c’è l’aspersione del sangue sul popolo con il pronunciamento di una formula: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha stipulato con voi». Dopo (anche se la lettura odierna si
    interrompe qui) c’è il banchetto che esprime l’avvenuta comunione con Dio, lo stare in comunione
    con Lui. Dunque come nel caso della pasqua ci sono i due elementi del sacrificio, quello del sangue
    asperso e quello del corpo consumato. Il tutto però – è bene ribadirlo – è all’interno di una liturgia
    in cui tutti gli elementi sono essenziali.
  • Nelle religioni pagane il devoto va al tempio, consegna un capretto al sacerdote, il quale compie il
    sacrificio. In quel sacrificio il devoto non ha nessuna partecipazione, se non quella di portare il capretto. Nella liturgia cristiana, come quella ebraica, non è così; la liturgia non è un atto magico. Non
    esiste liturgia senza il popolo. La celebrazione richiede la partecipazione attiva del popolo, l’ascolto
    di Dio, l’accettazione della sua parola; e quindi si può fare comunione con lui. Anche l’ultima cena
    di Gesù fu una liturgia. E anche l’eucarestia dei cristiani è sempre stata una liturgia, una celebrazione, con vari elementi, tutti essenziali. È in tutta la liturgia che Gesù è presente e ci nutre.
  1. Il sangue e la remissione dei peccati. Per poter dare il sangue il Figlio di Dio deve prendere un
    corpo umano. Il valore del sangue di Cristo versato per i nostri peccati è enorme. Non c’è dono più
    grande che Dio poteva fare per dimostrarci il suo amore. Il sangue di Cristo versato sulla croce è il
    “sacramento” della nuova alleanza (Mc 14,24), del “matrimonio” che egli compie con la sua Chiesa
    donandosi completamente ad essa. La nuova alleanza che Dio stringe con l’umanità è stipulata nel
    sangue di Cristo che ci lava dai nostri peccati. Il sangue è la vita, e ovviamente Cristo ha dato il suo
    sangue nel senso che ha dato tutta la sua vita, tutta la sua persona, per la nostra salvezza; e comunicare alla sua persona significa partecipare alla sua vita divina. Privarsene significherebbe disprezzare un tesoro inestimabile; significherebbe rinunciare alla remissione dei peccati (1Gv 1,7). Significherebbe rimanere volontariamente nei propri peccati.
  2. Ecclesia de eucharistia.
  • La Chiesa vive dell’eucarestia. La Chiesa fa l’eucarestia e l’eucarestia fa la Chiesa. Ciò significa
    che la vita cristiana deve essere nutrita. Non basta che Cristo abbia realizzato il mistero pasquale
    per la nostra salvezza; per ricevere tale salvezza occorre partecipare di questo mistero pasquale.
    Cristo ha fatto sì che ogni uomo possa venire in contatto con il mistero pasquale attraverso la celebrazione eucaristica. Partecipando all’eucarestia io comunico alla salvezza del mistero pasquale.
    Certamente in questo concorre la fede. La partecipazione al sacrificio del Calvario non può essere
    qualcosa di magico, perché altrimenti anche i non battezzati potrebbero accedervi. Occorre la mia
    adesione di fede che comunicando a quel pane e a quel vino veramente comunico all’opera di redenzione che Gesù ha realizzato sulla croce. E questa adesione di fede, che non è sempre così scontata, va replicata nel tempo. Se Cristo ha voluto che il sacramento dell’eucarestia fosse ripetibile
    continuamente significa che non possiamo privarci dell’eucarestia senza privarci della salvezza.
  • La partecipazione all’eucarestia. Che significa “partecipare all’eucarestia”? Quanti cosiddetti praticanti partecipano veramente all’eucarestia? È indispensabile imparare a vivere bene l’eucarestia, a
    far sì che la grazia abbondante che l’eucarestia ci trasmette non vada perduta. Spesso però tanti praticanti ricevono pochissima grazia, se non nulla, perché partecipano male all’eucarestia. Ci sono approcci sbagliati. Da un lato ci sono quelli che si accostano all’eucarestia molto di rado, o per un erroneo rispetto o per trascuratezza. Fra questi c’è chi pensa che non sia necessario andare sempre a
    Messa, che basti ricordarsi di Dio, di pregare, o anche di guardarsi la Messa in televisione. Come
    siamo lontani da quei cristiani di Bitinia che pur di non mancare alla celebrazione eucaristica hanno
    affrontato la morte; e anche da quei cristiani che oggi rischiano la vita in tanti paesi del mondo per
    andare a Messa la domenica pur sapendo che potrebbero subire un attentato dentro la chiesa. D’altro
    lato ci sono quelli che vi si accostano continuamente, ma con una estrema superficialità. Basti pensare ai tanti che si comunicano anche senza aver partecipato a buona parte della Messa, o addirittura
    senza avere le condizioni necessarie per la ricezione eucaristica. È quell’idea diffusa che comunque
    “tanto male non fa”. Ma san Paolo ci ricorda che ricevere male il corpo di Cristo è invece dannoso
    (1Cor 11,27-30). A causa di questi approcci sbagliati il beneficio che si può ricevere dalla celebrazione eucaristica per tanti va perduto. Se sono presente alla Messa non significa automaticamente
    che io vi sto partecipando. Il Concilio Vaticano II ha indicato che si partecipa quando si è attivi
    (cfr. Sacrosanctum Concilium 11; 14; 19; 21; 27; 30; 41; 48; 50; 79; 113; 114; 121; 124). Se sono
    presente ad un pranzo non significa che io stia mangiando. Per mangiare devo muovere forchetta e
    coltello, devo aprire la bocca, devo masticare, ecc. Se sono in mezzo ad un coro non significa che
    sto partecipando al canto. Partecipo se apro la bocca, tiro fuori l’aria e canto. Partecipo alla Messa
    non se assisto passivamente come ad un teatro, ma se mi sento coinvolto in prima persona in quello
    che si fa (ovviamente questo coinvolgimento non ha nulla a che fare con l’avere qualche funzione
    nella celebrazione).
  • L’importanza della celebrazione. Il problema cruciale sta allora nel fatto che non si dà importanza
    alla celebrazione eucaristica. Ciò è evidente già dall’atteggiamento con cui tanti vanno a Messa, da
    quando arrivano, da come partecipano, da come ascoltano; quasi fosse qualcosa che non li riguarda.
    Molti pensano che l’importante sia essere presente almeno ad un po’ di Messa, o arrivare in tempo
    per fare la comunione. Questo atteggiamento rivela una concezione magica, superstiziosa. Tutta la
    Messa è l’eucarestia e bisogna imparare a partecipare bene a tutta la Messa. Un ruolo fondamentale
    lo svolge in questo la parola di Dio, che ovviamente va ascoltata con attenzione durante la Messa,
    ma la cui meditazione costante non deve essere trascurata. È la parola di Dio che alimenta la fede,
    che è poi necessaria affinché la ricezione dell’eucarestia sia efficace.
  1. Se la partecipazione all’eucarestia è così importante, allora occorre prepararsi adeguatamente ad
    essa. Per “fare la comunione” occorre essere in comunione, con Dio e con i fratelli. Se si è persa,
    allora occorre riacquistarla, con la confessione sacramentale e con la riconciliazione fraterna. Nel
    pane consacrato c’è realmente e sostanzialmente la presenza di Cristo, e Cristo è Dio. La comunione con Dio esclude l’essere in comunione con il peccato. Non ci può essere nulla in comune fra il
    tempio di Dio e gli idoli (2Cor 6,16). Se vogliamo essere il tempio di Dio dobbiamo eliminare gli
    idoli, il legame con quanto non ha niente a che fare con Dio

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