Pieve di Scandiano Commento XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (07/07/2024)

Vangelo: Mc 6,1-6

Nelle ultime domeniche Gesù ha dato prova di se stesso, ha cacciato demoni, ha sedato la tempesta del mare, ha guarito persone, ha addirittura risuscitato una bambina, la figlia del capo della sinagoga. Si è insomma manifestato come figlio di Dio mostrando la sua potenza. Nel vangelo che abbiamo ascoltato oggi Gesù mostra la sua gloria spiegando ai suoi parenti, ai suoi vicini di casa, ai colleghi di suo padre e alle amiche di sua madre che la promessa di un’alleanza eterna tra Dio e il suo popolo si è concretizzata, e si è concretizzata in Lui.

Tutti quelli che erano nella sinagoga si sono quindi sentiti raccontare dal figlio del falegname e di Maria che era giunto il momento favorevole della salvezza. Parole forti. Difficile credergli, era più facile credere a ciò che si è sempre sentito, cioè che Dio avrebbe mandato il suo unto, il Cristo, a liberare Israele dall’oppressione. Insomma era più facile credere al proprio desiderio di predominio sugli altri popoli, al proprio desiderio di salvezza che credere che Dio si manifestasse in un “debole”, uno di cui si conoscevano la residenza, gli studi e il mestiere.

Questo racconto così lontano nel tempo, cosa può dirci della nostra salvezza? Perché è questo il senso, no? Lo hanno scritto anche i padri conciliari nel documento del Concilio Vaticano II “Dei Verbum” al numero 4 :

“Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini », « parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4)”.

Se quindi il brano del vangelo che abbiamo letto è stato scritto per noi oggi, adesso, allora parla di noi. Ma nel testo noi chi siamo? Siamo Gesù? Non credo. Siamo i suoi discepoli? Magari. Credo che sia corretto che ci collochiamo seduti nelle chiese di oggi come nella sinagoga di allora ad ascoltare la Parola del Signore che ci viene annunciata da un uomo, semplice, imperfetto, di cui spesso conosciamo meglio i difetti che i pregi, di cui conosciamo anche il soprannome con il quale i suoi amici lo chiamano. Avviene insomma anche a noi oggi come allora che preferiamo credere alle nostre precomprensioni piuttosto che all’annuncio, cioè o Dio è fatto come me lo sono costruito nella mia testa oppure niente.

L’evangelista intende con questo brano dare le prime indicazioni alla comunità a cui scrive su quale tipo di Salvatore sia Gesù. Come potranno i suoi credere che Gesù è il messia quando sarà appeso ad una croce? Altro che fare segni e prodigi! Gesù finirà morendo di morte infamante. Se era motivo di scandalo il fatto che Gesù fosse uno di loro, immaginiamoci come doveva esserlo appeso insieme ad altri delinquenti.

Dov’è per noi oggi la buona notizia? Credo che per noi la buona notizia oggi sia che Gesù torna dai suoi, e nonostante la loro (e la nostra) incredulità imponga le mani, volga lo sguardo e guarisca. E’ buona notizia anche cogliere che Gesù si manifesta non solo con segni e prodigi trionfali ma anche con gesti semplici. E soprattutto credo che Gesù sia presente oggi nelle persone che ci chiedono di essere guardate, di ricevere un abbraccio di conforto, di avere cura di loro anche se li conosciamo bene, anche se sono nostri colleghi, anche se sappiamo dove abitano e se giocavamo insieme da piccoli.

Fonte:https://www.pievescandiano.it/