XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/07/2024)
Domenica scorsa, nel passo di Marco che abbiamo meditato, c’era stato detto che il Maestro fu mosso nell’intimo dalla compassione per la folla numerosa, che era stanca e disorientata, come pecore senza pastore. Anche Giovanni, che per qualche domenica ci accompagnerà con brani del VI capitolo del suo Vangelo, registra la medesima attitudine di Gesù. Insieme ai suoi discepoli, alzando gli occhi, il Signore vede la folla. Non rimane indifferente ai bisogni e coinvolge gli stessi discepoli: al Maestro e ai suoi sta a cuore il bene degli altri. Un vero cristiano non può mai rimanere indifferente a chi è nel bisogno. Non può volgere lo sguardo altrove. Come Filippo, anche noi dovremmo sentirci interpellati dalla domanda del Maestro: come possiamo alleviare la fame di questa moltitudine ? Possiamo immaginare che un ragazzo, a distanza ravvicinata, abbia sentito la domanda di Gesù e le obiezioni di Filippo, per questo approcciando Andrea gli avrà mostrato quei cinque piccoli pani e i due pesciolini che sua madre gli aveva dato al mattino. La generosità del ragazzo, pronto a condividere ciò che ha, si scontra con la prudenza calcolatrice degli adulti. Ed è proprio da quella spontaneità che Gesù trova lo spunto per operare il miracolo. Ecco perché Gesù ha detto altrove: “se non saprete farvi come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Chi, fidandosi come il ragazzo generoso, mette a disposizione il poco che ha mettendosi nelle mani del Signore, per alleviare il bisogno altrui, non può mancare di sperimentare la bellezza della Provvidenza divina. Chiediamo al Signore di aiutarci a superare la tentazione del calcolo, per gettarci con totale fiducia nella consolante cura della sua Provvidenza, ricordando sempre di nuovo le parole dell’Apostolo: “Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9,7). Dal finale del brano odierno, infine, apprendiamo un’altra lezione da Gesù: nel bene compiuto e nei buoni risultati ottenuti, non lasciamoci tentare dal cercare consensi e popolarità. Ricordiamo sempre di nuovo ancora le sue parole: “siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). Non c’è motivo di vanto nel bene che facciamo, ma soltanto la risposta all’amore che ci precede, quello di Dio. Impariamo anche noi, dunque, come Gesù a farci da parte, nel momento in cui volevano farlo re, secondo i criteri umani, della gloria e del potere. Sapeva bene il Signore, infatti, che la sua regalità era differente e che il suo vero trono era la croce!

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)
Se qualche volta la nostra povera gente è morta di fame, ciò non è avvenuto perché Dio non si è preso cura di loro, ma perché voi ed io non abbiamo dato, perché non siamo stati uno strumento di amore nelle sue mani per far giungere loro il pane e il vestito necessario, perché non abbiamo riconosciuto Cristo quand’egli è venuto, ancora una volta, miseramente travestito nei panni dell’uomo affamato, dell’uomo solo, del bambino senza casa e alla ricerca di un tetto. Dio ha identificato se stesso con l’affamato, l’infermo, l’ignudo, il senza tetto; fame non solo di pane, ma anche di amore, di cure, di considerazione da parte di qualcuno; nudità non solo di abiti, ma anche di quella compassione che veramente pochi sentono per l’individuo anonimo; mancanza di tetto non solo per il fatto di non possedere un riparo di pietra, bensì per non aver nessuno da poter chiamare proprio caro (MADRE TERESA, Sorridere a Dio, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1998, 28-29).
Preghiera
Con i tuoi segni, Gesù, vuoi farmi conoscere la tua identità di Figlio di Dio e introdurmi nel mistero della tua persona e della tua missione. Perdona il mio pragmatismo che si ferma all’interesse immediato, alla superficie della realtà. Non so darti il poco che possiedo; ma poi, quando con quel poco tu operi grandi cose, vi resto abbarbicato e non vado più in profondità, dove tu mi vuoi condurre. Un Dio che risolve i problemi contingenti della vita mi va bene, ma un Dio che mi propone di essere sempre dono totale e gratuito per gli altri mi scandalizza. Tu mi ripeti, Gesù, che proprio questa, invece, è la mia vocazione di figlio del Padre. Ancora una volta, alla tua scuola, che io impari ad amare.
Fonte:https://caritasveritatis.blog/
