Don Luciano Labanca “Carne e Sangue”

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Gv 6,51-58

Nel proseguire la sua omelia nella sinagoga di Cafarnao, Gesù continua a sfidare il suo uditorio, formato soprattutto da giudei recatisi nella sinagoga per ascoltare la Parola. Ad essi doveva suonare veramente strano sentir qualcuno descriversi come “pane disceso dal cielo”, con tutto lo sfondo anticotestamentario che presupponeva, specialmente in riferimento alla manna nel deserto, come anche al dono divino della sapienza che viene dall’Alto, tipico della tradizione dei libri sapienziali. Di che cosa, dunque, ci si deve nutrire? Del pane, certo, ma di un pane “vivo”, che è la carne (sarx) dello stesso Rabbi. Che aberrazione! Si parla di quella stessa carne che il Verbo ha abbracciato, a cui si è indissolubilmente unito con il mistero dell’incarnazione (cfr. Gv 1,14: “e il Verbo si fece carne (sarx) e venne ad abitare in mezzo a noi”). L’azione inedita di quel Dio che si è fatto carne, diventa ancora più scandalosa! Ora vuole farsi addirittura mangiare! I giudei non ce la fanno: iniziano a discutere, meglio, a litigare tra loro. Non possono proprio accettare qualcosa del genere! Gesù da parte sua rincara la dose: c’è poco da fare, chi non mangia quella carne muore! Nutrirsi di quella carne e di quel sangue permette di avere la zoé, la vita divina, quella che va oltre la dimensione puramente biologica, concetto che in greco si indica appunto con la parola bios. Ma ancora di più, Gesù invita a mangiare il pane, utilizzando il verbo più “materiale” che il greco conosce, troghein (lett. masticare, ruminare). Riportando le parole di Gesù, l’evangelista vuole sottolineare chiaramente che non c’è nessun intento simbolico, ma il Maestro sta parlando dell’azione materiale del mangiare. Il dono del pane del cielo, che nella prima parte del discorso era piuttosto riferito alla sua Parola-Sapienza, ora – specificando che si tratta della sua carne e del suo sangue – diviene esplicitamente eucaristico. Gesù ci dice che per entrare in comunione con Lui, avere la sua vita divina e come compimento venire persino risuscitati nell’ultimo giorno, non basta solo ascoltare la Parola, ma è anche necessario nutrirsi del sacramento del suo corpo e del suo sangue. Siamo chiamati, dunque, a tenere sempre insieme queste due dimensioni: Parola da ascoltare e Sacramento da ricevere. Una Parola senza Sacramento, infatti, finirebbe per sapere di pura teoria, riducendo Dio ad un’idea, ma dall’altra parte un sacramento, senza la Parola, finirebbe per scivolare in un ritualismo magico e automatico. È la persona di Gesù nella sua pienezza, che ci parla e ci dona se stesso concretamente, a donarci la vita eterna! Non ci sono altre vie!

Fonte:https://caritasveritatis.blog/