XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (25/08/2024) Liturgia: Gs 24, 1-2a.15-17.18b; Sal 33; Ef 5, 21-32; Gv 6, 60-69
“È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita.” (Gv 6,63). Qui capiamo ancora meglio perché occorra nutrirsi della carne di Gesù, della santa eucaristia, per avere la vita eterna: non si tratta di una carne semplicemente umana, ma di una carne trasfigurata, divinizzata dallo Spirito di Dio che l’ha intessuta nel grembo della Vergine Maria, e sulla quale Dio Padre ha messo la sua compiacenza, o – come Gesù stesso ha detto pochi istanti prima – ha messo il suo sigillo (cf Gv 6,27) .
La carne di per sé non giova a nulla, ma quell’umanità di Gesù è la carne assunta dal Figlio di Dio ed ha attraversato la Pasqua, la soglia della morte, e per questo ora essa, nel sacramento dell’Eucaristia, è capace di associare al suo destino di gioia eterna tutti coloro che la riceveranno in dono.
Ma la durezza di questa parola percepita dai discepoli non è solo il doversi nutrire di una vita altrui, ma forse soprattutto il fatto che fare comunione con lui, unirsi a lui non potrà restare solo in un ambito cultuale e rituale, ma dovrà essere anche una comunione nello stile di vita, esistenziale, nel saper essere dono per gli altri, pane spezzato per gli altri. Proprio come lo è stato Gesù. Questo ci dischiuderà le porte del paradiso: l’accoglienza del dono ma anche la restituzione di esso tramite l’amore ai fratelli.
Ecco che i criteri del mondo sono ribaltati. Non sono grandi quelli che dominano sugli altri, che possiedono di più degli altri, che sono più forti degli altri, ma quelli che si donano agli altri, che offrono la propria vita nel nascondimento per gli altri, anche nel silenzio della preghiera contemplativa che è sempre anche una preghiera offerta per il mondo.
San Paolo ammonisce: “Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne” 2Cor 4,18.
