Gigi AvantiCommento XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (01/09/2024)

Liturgia:  Dt 4, 1-2.6-8; Sal 14; Gc 1, 17-18.21b-22.27; Mc 7, 1-8.14-15.21-23

Brano conosciutissimo, così come lo sono i numerosissimi e vari commenti pensati a nutrimento dell’anima. Nulla di nuovo quindi con questa meditazione, ma di nuovo c’è una cosa ed è proprio il momento magico di questo incontro tra chi scrive e chi legge.

   Afferma infatti Clive Staples Lewis (1898 – 1963) il famoso autore delle LETTERE DI BERLICCHE dove si narra di un diavolo anziano che insegna al nipotino l’arte di tentare l’uomo in maniera infallibile: “Il presente è l’unico punto di contatto tra l’eternità e il tempo”.

    Ma veniamo a noi. Due domande introduttive. La prima: perché i farisei e gli scribi chiedono a Gesù spiegazione del comportamentoindisciplinato dei suoi discepoli e non la chiedono direttamente a loro, la spiegazione? Forse temevano magari una risposta poco educata qualora l’avessero chiesta direttamente a loro la spiegazione?

   Seconda domanda: perché giudicare frettolosamente una persona dai suoi comportamenti esteriori? Non è forse vero che come annota Antoine de Saint-Exupery (1900 – 1944): “L’essenziale è invisibile per gli occhi”?

   Tutto infatti nasce dal fatto che “avendo visto” (gli scribi e i farisei) i discepoli di Gesù comportarsi in modo difforme dalle tradizioni, se ne escono con un frettoloso giudizio sommario negativo su di loro?

   In ballo quindi c’è la maledetta e diffusissima inclinazione a metter lingua, a tranciare giudizi sulla esteriorità di un comportamento.

   E sempre irritante sentirsi giudicati. Ricorda un curioso aforisma: “Non giudicate le persone dagli amici che frequentano. Giuda frequentava persone rispettabilissime”.

   È a questo punto che Gesù entra in scena alzando subito il livello della questione. Entra in scena irritato, pescando proprio la tradizione della religiosità vera (cita infatti Isaia) e lasciando in mezzo a una strada e con le pive nel sacco scribi e farisei e tutti quanti i saputoni di ogni epoca fautori di tradizioni autoreferenziali e incapaci di discernere tra esteriorità di un comportamento e cuore del medesimo.

   Una santa irritazione quella avuta da Gesù in difesa dei suoi, condita anche con uno sferzante insulto (ipocriti). Come dire che chi giudica male gli altri è lui ad essere malvagio.

   Il che fa pensare a quanto tenga Gesù (e il Suo Padre Dio Legislatore) a considerare il dentro e non il fuori delle cose, quanto tenga cioè al cuore e non al corpo “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuore è lontano da me”.

   Gesù ribadisce quanto indispettisca ed amareggi Dio che si dia più credito alle ripetitive, meccaniche e stucchevoli tradizioni inventate dagli uomini che non al Suo comandamento.

   Ne consegue che per non amareggiare ed irritare Dio occorre lavare il cuore e non le mani o i piedi. Lavare ben bene il cuore perché è da lì che scaturiscono le tenebre del male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza (per curiosità, sono 12 le impurità dettagliatamente elencate!).

   Un dettaglio conclusivo e magari curioso. L’evangelista Marco riferisce che Gesù, prima di impartire il suo insegnamento, esordisce con un forte richiamo all’attenzione.       L’attenzione è quindi la predisposizione interiore necessaria e fondamentale per poter comprendere ogni insegnamento.

   Per comprendere bene Gesù che spesso parla per metafore, paradossi e parabole occorre quindi massima attenzione, pena il non comprendere.     

   A proposito di parabole è curioso notare, infatti,  che la parola parabolae la parola diavolo hanno una comune radice etimologica nel verbo della lingua greca “paraballein” (da cui parabola) che significa andare oltre il racconto per accedere al suo significato profondo, e nell’altro verbo della lingua greca “diaballein” (da cui diavolo) che significa separare, dividere e che, quindi, applicato alla parabola potrebbe significare che separare il racconto parabolico dal suo significato comporta di non capirlo.

   Se ne può dedurre che “ascoltare distrattamente” (soprattutto quando è Gesù a parlare) potrebbe essere l’anticamera della tentazione, se non una vera e propria raffinata tentazione.

Fonte:https://www.omelie.org/