Don Paolo Zamengo”Conoscere Gesù”

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Liturgia della Domenica:Is 50,5-9_Sal 114_Giac 2,14-18_Mc 8,27-35

Oggi l’evangelista Marco ci fa conoscere il centro incandescente del suo
vangelo. Gesù conduce i discepoli alla scoperta della sua identità.
Tutto inizia in terra pagana. Cesarea di Filippo è la città che il tetrarca
Erode aveva costruito vicino alle sorgenti del Giordano. Qui, nel luogo
dove Erode si fa chiamare “divino Cesare”, Gesù il Figlio di Dio mostra un altro ordine di grandezza.
Tutto inizia con una domanda: “La gente chi dice che io sia?” E’ la prima volta che Gesù interroga i suoi.
“Vi ho chiamato amici perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv
15,15). Solo Gesù può fare questa domanda perché ha iniziato a costruire una relazione profonda con i
suoi, rivelandosi.
E solo Pietro risponde. Pietro, il primo chiamato da Gesù, il discepolo che Marco cita spesso ed è l’ultimo
nominato alla fine del suo vangelo. Sembra quasi che attraverso l’itinerario di fede di Pietro, Marco voglia
farci conoscere profondamente Gesù. Un percorso accidentato, durante il quale Pietro inciampa, come
accade nel brano di oggi. Forse il rapporto con Gesù matura proprio attraverso questi passi difficili.
“Tu sei il Cristo”: la risposta di Pietro corrisponde alla presentazione che Marco aveva collocato all’inizio
del suo vangelo. Gesù non rifiuta le parole di Pietro: sa che sono il frutto del suo cammino che, per ora, gli
ha permesso di giungere a questa conoscenza. Ma subito dopo Gesù offre a tutti la possibilità di
comprendere in profondità cosa significa veramente essere il “Cristo di Dio”.
È Gesù che deve passare per la sofferenza, per il rifiuto, la morte e la resurrezione. Il Figlio di Dio ha una
logica pasquale non solo nel suo approdo ultimo, ma anche nella sua dinamica quotidiana. La sofferenza, il
rifiuto, la morte e la vita che rinasce da quella morte sono la “forma” del suo offrirsi. Questo è lo stile del
Cristo di Dio e di Dio stesso!
Pietro reagisce immediatamente perché comprende la ricaduta che avrà sui discepoli l’identità di Gesù. E
Pietro cerca di riportare Gesù “in disparte” e ci fa quasi sorridere quando Pietro “rimprovera” Gesù, nel
tentativo di fargli cambiare strada! Ma è Gesù che rimprovera Pietro e gli altri discepoli voltandosi e
fissandoli. C’è una conversione necessaria per proseguire nel cammino di fede: “va’ dietro a me”. E’
necessario per essere discepoli “stare dietro” al Maestro, perché solo Lui conosce la via.
Questa è l’unica posizione dalla quale è possibile capire che “rinnegare se stessi e prendere la propria
croce” conduce alla vita. “Rinnegare se stessi” è riconoscere che la nostra identità è quella che emerge
dalla relazione con gli altri e non nell’affermazione di sé stessi, sciolti da ogni legame. “Rinnegare sé” è
l’unica via della “vita”, è il primo passo per accorgersi che l’altro esiste e che l’orizzonte della comunione
con lui vale più della propria vita. Anzi, rinnegare sé è la via obbligata per riconoscere che la vita vera è
quella che emerge da questa comunione. E’ il morire quotidiano che fa scoprire che la vita è dono
dell’incontro con l’altro e con Dio, e che vivere significa entrare nella logica dell’abbandono nelle mani di
Dio.
Quanto Pietro sia lontano da tutto questo, lo rivelerà la passione di Gesù quando Pietro, invece di sé
rinnegherà Gesù; invece di “portare la propria croce” lascerà Gesù solo a portare la sua, invece di “andare
dietro a Lui”, prenderà le distanze, seguendolo da lontano.
Se Pietro è caduto non dobbiamo temere la nostra distanza dall’amore di Dio. Continuiamo a rimetterci
“dietro” a Gesù, a tenere i nostri passi sulle sue orme perché Lui ci precede e non ci lascerà mancare il suo
aiuto per seguirlo fino al compimento della nostra Pasqua.