XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (06/10/2024)Gen 2,18-24,Sal 127,Eb 2,9-11,Mc 10,2-16
C’è una svolta. Gesù lascia la Galilea e si sposta verso la
Giudea iniziando l’itinerario che lo porterà a
Gerusalemme. Durante il viaggio Gesù continua a formare
i suoi. Ha da poco rivelato che strano Messia lui sarà: uno
che subirà il rifiuto violento del potere politico e religioso
di Israele, uno che metterà la sua vita nelle mani del Padre in
obbedienza totale al suo progetto di amore per tutti i suoi
figli, fino a volerli accogliere nella sua stessa Vita, uno che
potrà scegliere di essere perdente, di essere mite perché libero nell’intima adesione al Padre.
Il discepolo viene chiamato a destrutturare le sue categorie mentali, a lasciare, a uscire dalle sue
aspettative di successo, di esercizio del potere, per entrare nel territorio inesplorato del “chi vuole
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la
salverà”. Che tradotto significa che si vivrà in pienezza imparando a donare la propria vita.
E tornano le folle che accorrono verso la sua parola che sana le ferite del cuore. E si ripresentano anche i
farisei. La loro intenzione però è di metterlo alla prova con la capziosa domanda “è lecito a un marito
ripudiare la propria moglie?” Non hanno sete della Parola, si sentono specialisti della Parola di Dio.
Vivisezionano le Scritture cercando di avere un permesso che li lasci con la coscienza a posto davanti a
Lui, mentre annullano di fatto la sua volontà. Essere lecito e ripudiare costituiscono un ossimoro, una
contraddizione! Come legalizzare la violenza, da parte del più forte contro il più debole…
La trappola vorrebbe mettere Gesù contro il legislatore Mosè, se avesse risposto no, e avrebbe dovuto
contraddire se stesso e la sua visione di misericordia, se avesse risposto sì. Mosè aveva permesso il
ripudio, seppur mitigato (Dt 24,1). Gesù li rimprovera: Per la durezza del vostro cuore. Il cuore di pietra
finge di essere irreprensibile davanti il Signore, mentre ne manipola la volontà, aggiustandola sulla
propria convenienza e sul proprio desiderio di possesso.
Gesù spariglia le carte risalendo al cuore del sogno di Dio, “dall’inizio della creazione li fece maschio e
femmina; e i due diventeranno una carne sola…” Non sono più due ma una sola carne. Quella carne che
porta il carico della debolezza e della grandezza, della fragilità insieme alla forza. Il cuore di Dio, il suo
sogno, vuole l’unione e nel suo spirito la comunione fiduciosa e fedele di tutti i suoi figli, tanto più di
quei due sposi sono chiamati a essere insieme la sua immagine.
Gli sposi ripropongono al mondo il suo amore e si donano reciprocamente la vita nella fedeltà, nella
cura e nel rispetto. “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Conosciamo la radice delle
separazioni in ogni panorama di relazioni, di coppia, personali, familiari, di comunità e di popoli. Un
carico di sofferenza che accompagna e accompagnerà la divisione, che contraddice il progetto di Dio e in
ogni comunità umana. Sogno minato sempre dalla gelosia o dal disprezzo del più̀ forte verso il più
debole, dalla volontà patriarcale del possesso e dell’autoaffermazione, dal ripudio di Dio, per sostituito
con l’esaltazione del proprio io.
Il “metterlo alla prova” si è rivelato un test per saggiare Gesù: “Sei come noi, disponibile ad aggiustare
sulle nostre esigenze la volontà di Dio? fino a renderlo innocuo? o hai altri progetti e allora sei
pericoloso?”. Gesù ha davvero un tutt’altro sogno che lo spinge a prendere in braccio un bambino che
assurge a simbolo di tutti i senza diritti e i senza potere. Per noi e per tutti proclama: “Chi non accoglie il
regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”.
