XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/10/2024) Liturgia:Sap 7,7-11,Sal 89,Eb 4,12-13,Mc 10,17-30
Non è questione di ISEE. Il problema non sta negli zeri del conto in banca ma nel peso cha la presenza di Cristo ha nella nostra vita. Nella preghiera di Colletta di questa domenica pregheremo così: “O Dio nostro Padre, […] donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio, perché, […] diventiamo liberi e poveri per il tuo regno.” L’ascetismo cristiano non si basa sul radicalismo delle rinunce, ma sul radicalismo dell’appartenenza a Cristo, del metterlo al primo posto in ogni cosa che facciamo.
Non si può pensare di scoprire e di conoscere il volto di Dio partendo da se stessi, e dal proprio impegno nello spogliarsi di quante più ricchezze possibili. Sarà evidentemente il contrario: sarà possibile seguire Gesù mettendo al secondo posto tutto il resto, solo lasciandosi toccare dall’incontro con lui e con il suo amore: tramite l’affetto ricevuto dai nostri cari, a partire del riconoscimento dei tanti benefici ricevuti nella vita, o attraverso la contemplazione della sua presenza nella bellezza del creato o nelle personali esperienze spirituali. L’evangelista Marco è l’unico dei tre evangelisti – gli altri due sono Matteo e Luca – a dirci che Gesù “fissandolo, lo amò”. Ecco: forse quell’uomo non ha colto la densità di quello sguardo che voleva indicargli il completamento del suo itinerario spirituale, a partire da un incontro personale.
O forse quell’uomo non ha capito fin da subito di non trovarsi semplicemente davanti ad un grande maestro, ma davanti a Dio in persona. Prima lo chiama “maestro buono”. Poi quando Gesù gli fa presente che solo Dio è buono, egli si corregge e lo chiama semplicemente “Maestro”. Se Gesù non è riconosciuto per quello che è, cioè il Dio fatto uomo che irrompe nella storia, “il bene, ogni bene, il sommo bene” come lo chiamava Francesco d’Assisi, qualsiasi possesso – materiale o immateriale che sia – sarà sufficiente a illuderci di essere ricchi di qualcosa e ad impedirci di entrare nel regno di Dio. Teniamo a mente la prima beatitudine di Gesù: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Se non saremo convinti di quanto sia bello e umanamente appagante vivere nell’amore di Cristo Signore ci sarà sempre una cruna d’ago ad impedirci l’ingresso nella gioia senza fine.
Fonte:https://fradamiano.blogspot.com/
