XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/10/2024) Liturgia: 1Re 19, 4-8; Sal 33; Ef 4, 30-5, 2; Gv 6, 41-51
Bisogna fare i conti con la nostra fragilità: facciamo una
scelta e poi torniamo indietro. Nel libro dei Giudici è
raccontata come stagione eroica quella di Giosuè che passò
il Giordano ed entrò nella terra promessa. Ma non fu per
sempre . “Dopo sorse un’altra stagione che non aveva
conosciuto il Signore e finirono con il prostrarsi a dei che li
resero schiavi.
E vengo al vangelo di Marco. Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù
camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. E Gesù
li prese i disparte, come volesse imporre il silenzio attorno per dire le cose che lo riguardavano.
Dove puntava il suo viaggio? “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà
consegnato e lo condanneranno a morte, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno
e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà”.
Per tutta risposta si avvicinarono Giacomo e Giovanni a chiedere i primi posti per il futuro, uno a
destra e l’altro a sinistra. L’indignazione degli altri fu immediata, risentita e corale. Forse che Gesù
aveva cercato posti preferenziali e si era fatto servire? Gesù, è scritto, li chiama a sé, tutti e dodici
e dà la lezione che purtroppo si è scolorita nel tempo. Oggi chiama anche noi e dice. “Voi sapete
che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le
opprimono. Tra voi però non è così.”
Non dice tra voi non sarà così ma non è così, ora, adesso, subito, sempre. Dominare, imporre la
propria autorità, essere riveriti sulle piazze, avere privilegi? O andare per le strade come Gesù,
andare come tutti, andare con tutti, senza manie di grandezza, se non la grandezza di servire, per
quel poco che è nelle nostre forze e farlo con passione?
Ma l’impressione è che come chiesa ben presto ci ha preso il fascino di essere come i grandi del
mondo fino ad imitare i loro apparati. Abbiamo ricreato le gerarchie e non il primato dell’ultimo. E
abbiamo scordato la parole di Gesù. Ritorna prepotente il modello della piramide.
Poi accadde che papa Francesco ha capovolto la piramide e ci ha raccontato la chiesa come
popolo e all’interno del popolo di Dio i vari ministeri del servizio. “In questa Chiesa, come in una
piramide capovolta,” ha detto papa Francesco, “il vertice si trova al di sotto della base”. Papa
Francesco chiede ai pastori di “stare in mezzo non sopra il popolo: stare sopra è il peccato che
uccide le pecore, non le guida, non le fa crescere.
In questi ultimi anni nella chiesa sono risuonate parole come sinodo e sinodalità che nel loro
significato evocano un camminare insieme; insieme sulla strada dove c’è dignità per tutti, dove
non è che tu puoi parlare e un altro no, dove anzi c’è la passione di far parlare quelli che per
troppo tempo sonno stati fatti tacere: i laici, le donne, i giovani, gli ultimi.
Perché si tratta di scoprire insieme che cosa oggi è vangelo e che cosa no: “Tra voi non così”. Nel
rispetto di ciascuno, nel desiderio di ascoltare voci e sogni.
Sono abbastanza avanti con gli anni e permettetemi una confidenza. Mi piace ascoltare nella
notte il bisbiglio dei sogni dei giovani e provarne gioia. Come per una grazia che il Signore mi fa.
Benedico allora la parola di Dio che mi risveglia la memoria e mi fa attento. Benedico coloro che
tengono come sacra la memoria.
Tutti noi figli di Dio siamo profeti. Alziamo la voce dove sembra prevalere l’urlo. Alziamo la nostra
voce e non perdiamo la memoria delle parole di Gesù.
