Don Luciano Labanca “La grande illusione del potere”

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (20/10/2024) Liturgia: 1Re 19, 4-8; Sal 33; Ef 4, 30-5, 2; Gv 6, 41-51

Una delle tendenze tipicamente umane, che ha generato nella storia tanta sofferenza, ingiustizia, oppressione e violenza, è certamente la fame di potere. In maniera a volte grossolana, altre più subdola e sottile, la tentazione di voler primeggiare e dominare si manifesta molto frequentemente. Neppure i discepoli di Gesù, privilegiati dal poter condividere la quotidianità con il Maestro e dall’ascolto costante del suo insegnamento, sono stati immuni da questa tentazione. Giacomo e Giovanni, destinatari di così tante attenzioni da parte del Maestro, testimoni scelti per grandi momenti del ministero di Gesù, come la guarigione della figlia di Giairo e la trasfigurazione sul monte Tabor, sono scivolati in questa tentazione: voler essere qualcuno, più degli altri, utilizzando la vicinanza al Maestro e agognando i due posti migliori nella gloria. Questa richiesta così impertinente è certamente segno che non hanno capito il senso della gloria di Cristo, che ha già chiaramente spiegato loro essere il frutto della sua passione e morte, e che la loro visione è ancora estremamente umana, troppo umana! Gesù, al suo solito, deve “mettere i puntini sulle i”. L’unico privilegio per chi è chiamato a seguirlo, quindi promesso a tutti noi, è prendere parte alle sue sofferenze, bere al calice della sua passione e morte. Il frutto della gloria dipende da questo, nella misura e nel modo, che il Padre conosce e secondo criteri che restano certamente misteriosi. La sete di potere e il desiderio di surclassare gli altri genera dissapori e discordie. Si vede bene nella reazione degli altri dieci discepoli. Perché dovrebbero essere proprio loro due e non noi? Alla tentazione di scalare le vette del potere consegue quella di distruggere gli altri, di voler impedire la loro ascesa, tagliando loro le gambe. Gesù però li ferma in tempo e lo fa ricordando a tutti chi è Lui, chi stanno seguendo e su quali criteri si basa il suo Regno. Il discepolato non ha gli stessi criteri del mondo: non c’è comando e potere – o almeno non dovrebbe esserci!- tra i discepoli di Cristo. Seguendo le orme del loro Maestro, essi hanno una chiamata speciale, controcorrente. Il loro stile, perché lo stile di Gesù è stato quello, non è il comando, la sottomissione e l’oppressione, ma la diakonìa, il servizio umile e disinteressato fatto per amore e con amore. Chiediamoci con sincerità allora: come discepoli di Cristo, oggi, nella Chiesa, cosa desideriamo veramente? Servire Cristo e la sua Sposa, la Chiesa e i fratelli, oppure servircene, per guadagnare posizioni e spazi? Questa tentazione è vecchia quanto l’uomo. Ci farà bene allora ricordare ancora una volta le parole di Paolo, che diventano preghiera per noi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,5-11).


Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)

Non biasimare altri per la tua sorte, perché tu e soltanto tu hai preso la decisione di vivere la vita che volevi. La vita non ti appartiene, e se, per qualche ragione, ti sfida, non dimenticare che il dolore e la sofferenza sono la base della crescita spirituale. Il vero successo, per gli uomini, inizia dagli errori e dalle esperienze del passato. Le circostanze in cui ti trovi possono essere a tuo favore o contro, ma è il tuo atteggiamento verso ciò che ti capita quello che ti darà la forza di essere chiunque tu voglia essere, se comprendi la lezione. Impara a trasformare una situazione difficile in un’arma a tuo favore. Non sentirti sopraffatto dalla pena per la tua salute o per le situazioni in cui ti getta la vita: queste non sono altro che sfide, ed è il tuo atteggiamento verso queste sfide che fa la differenza. Impara a rinascere ancora una volta dalle ceneri del tuo dolore, a essere superiore al più grande degli ostacoli in cui tu possa mai imbatterti per gli scherzi del destino. Dentro di te c’è un essere capace di ogni cosa. Guardati allo specchio. Riconosci il tuo coraggio e i tuoi sogni, e non asserragliarti dietro alle tue debolezze per giustificare le tue sfortune. Se impari a conoscerti, se alla fine hai imparato chi tu sei veramente, diventerai libero e forte, e non sarai mai più un burattino nelle mani di altri. Tu sei il tuo destino, e nessuno può cambiarlo, se tu non lo consenti. Lascia che il tuo spirito si risvegli, cammina, lotta, prendi delle decisioni, e raggiungerai le mete che ti sei prefissato in vita tua. Sei parte della forza della vita stessa. Perché quando nella tua esistenza c’è una ragione per andare avanti, le difficoltà che la vita ti pone possono essere oggetto di conquista personale, non importa quali esse siano. Ricordati queste parole: “Lo scopo della fede è l’amore, lo scopo dell’amore è il servizio” (Cfr. S. BAMBARÉN, La musica del silenzio, Sperling & Kupfer, 2006, 114-116).

Preghiera

Signore Gesù, come Giacomo e Giovanni anche noi spesso «vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiediamo». Non siamo infatti migliori dei due discepoli. Come loro abbiamo però ascoltato il tuo insegnamento e vorremmo ricevere da te la forza per attuarlo; quella forza che ha poi condotto i figli di Zebedeo a testimoniarti con la vita. Gesù, aiutaci a comprendere l’amore che ti ha spinto a bere il calice della sofferenza al nostro posto, a immergerti nei flutti del dolore e della morte per strappare dalla morte eterna noi, peccatori. Aiutaci a contemplare nel tuo estremo abbassamento l’umiltà di Dio. Liberaci dalla stolta presunzione di asservire gli altri a noi stessi e infondici nel cuore la carità vera, che ci farà lieti di servire ogni fratello con il dono della nostra vita. Mite Servo sofferente, che con il tuo sacrificio di espiazione sei divenuto il vero sommo sacerdote misericordioso, tu ben conosci le infermità del nostro spirito e le pesanti catene dei nostri peccati: tu che per noi hai versato il tuo sangue, purificaci da ogni colpa. Tu che ora siedi alla destra del Padre, rendici umili servi di tutti! Amen.

Fonte:https://caritasveritatis.blog/