Don Paolo Zamengo “Bartimeo, il cieco”

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (27/10/2024) Liturgia: Ger 31,7-9,Sal 125,Eb 5,1-6,Mc 10,46-52

Non a caso l’evangelista Marco colloca questo
miracolo all’inizio della grande salita verso
Gerusalemme. E noi siamo avvertiti. Se siamo
ciechi, se rimaniamo ciechi, non riusciremo a
cogliere il senso di quello che avverrà, il più grande,
sconcertante evento della storia, il vero miracolo.
Non più un Dio placato dai sacrifici degli uomini, ma il Figlio di Dio che per salvare gli uomini
sacrifica se stesso. Se siamo ciechi resterà incomprensibile ciò che avverrà al termine della salita
sul monte.
E di questo cieco c’è il nome: Bartimeo. Che bello che ci sia il suo nome. È come se ci fosse entrato
nel cuore perché Bartimeo è come un battistrada: dietro a lui ci siamo tutti noi.
Nell’episodio vengono sottolineati i movimenti, le voci, la luce, la luce degli occhi. Mi impressiona
il movimento. C’è una folla, quasi una calca che si muove, compatta, discepoli e folla: “Mentre
Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e molta folla…”. E contrasta e ci colpisce la staticità di
Bartimeo.
Di lui è scritto: “…sedeva lungo la strada a mendicare”. È fermo, immobile! E la calca imperterrita,
incurante, lo sorpassa e se ne va. Neanche quando cominciò a gridare”, è scritto, neanche il grido
del cieco ferma la folla. Anzi “lo sgridavano per farlo tacere”. Era un disturbo, un fastidio per il loro
cammino anonimo dietro a Gesù. Pensate alla bellezza di questo Vangelo.
Proprio mentre i discepoli e la folla procedevano imperterriti, “Gesù si fermò”, Gesù si ferma e
ferma la olla. Dio non è insensibile e non cammina da solo. La compassione lo fa fermare. Ce lo ha
ricordato il profeta Geremia: gli occhi di Dio sono per il cieco e lo zoppo, per la donna incinta e per
la partoriente. Dio “cuce vestiti di pelle” per Adamo ed Eva, nudi per la loro incredulità. Questo fa
Dio, a differenza di quelli che non si fermano presso il cieco che grida la sua preghiera.
Seguono Gesù ma sono i veri ciechi, non hanno colto la compassione come la rivelazione di Dio.
Che cosa vede Bartimeo quando gli si aprirono gli occhi? Vede Gesù. Vede la compassione. “Abbi
compassione”, aveva gridato! Ora la vede. Il cieco Bartimeo ha la sua preghiera essenziale:
“Rabbunì, che io abbia la vista”. Era la risposta alla domanda di Gesù: “Che vuoi che io ti faccia?”.
La domanda la conosciamo. L’abbiamo sentita la scorsa domenica. Domanda rivolta a Giacomo e
Giovanni: “Che cosa volete che io vi faccia?” (Mc 10, 51). Ebbene, quale contrasto tra la risposta di
chi cerca i posti d’onore… e la risposta del cieco che chiede di poter vedere! È come se Gesù
rivolgesse a noi la domanda: “Che cosa volete che io vi faccia?”. Ebbene, che cosa gli chiediamo?
Quante cose chiederemo? E forse non chiediamo di riavere la vista. Non la chiediamo perché
pensiamo di essere sufficientemente illuminati!
Pensate che con le nostre luci artificiali siamo arrivati al punto da oscurare il cielo delle nostre
città. Ancora pochi anni e non vedremo più la via lattea, le costellazioni, la stella polare. Forse il
primo passo è accorgerci di essere ciechi, accecati dai pregiudizi e dall’orgoglio, dalla meschinità.
Ma gridiamo, come Bartimeo: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me”. Che grazia sarà sentirci
dire: “Che vuoi che io ti faccia?” Il Signore ascolti il nostro grido!.