Alessandro Cortesi “Essi erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni…”

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (27/10/2024) Liturgia: Ger 31,7-9,Sal 125,Eb 5,1-6,Mc 10,46-52

“Essi erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni… perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito”. Una parte del libro Geremia è il ‘libro della consolazione’ (capp. 30-31) e contiene un invito alla speranza e alla gioia pur in un tempo di incertezza e di crisi. L’opera di Dio è un raduno che riconduce il suo popolo alla libertà. E’ il tempo del ritorno dall’esilio, in cui si apre la speranza e si riaffaccia l’esperienza dell’esodo. Nel deserto Israele sperimentò la presenza di Dio vicino e liberatore. Ora vive il cammino di un nuovo esodo: la mano potente di Dio guida verso il futuro della promessa. Come nell’esodo il cammino era verso una terra ricca e spaziosa così ora si apre una strada diritta dove non s’inciampa, verso fiumi d’acqua.

In questo essere ricondotti nella terra  dopo l’esilio, tutti trovano possibilità di sostegno: “fra di essi sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente”. Il pianto lascia lo spazio alla consolazione. La vicinanza di Dio ha i tratti di una presenza materna, tenera e capace di amore unico.

Al termine di un capitolo in cui Marco ha raccolto alcuni insegnamenti di Gesù sui diversi ambiti di esperienza umana è presentato l’episodio della guarigione di un cieco.  Avviene lungo la strada, mentre Gesù esce da Gerico. E’ importante il contesto in cui è collocato questo incontro: è sulla strada in cui Gesù istruisce i suoi chiedendo loro di camminare sulla via dei suoi passi. Ed  è la via verso Gerusalemme. In questo cammino coloro che seguono Gesù sono guidati a scoprire il volto di un messia che fa scandalo per i disegni umani di potere. Proprio alla fine di questo capitolo Marco situa la narrazione della guarigione di un cieco. Alla vigilia dei giorni di Gerusalemme Marco intende suggerire che c’è bisogno di una luce diversa per vedere con occhi nuovi quanto avviene nei giorni di Gerusalemme. Il volto del messia che si consegna nelle mani di chi lo condanna e uccide è il volto di colui che ha realizzato pienamente la sua vita nella via del dono, dell’abbandono, del servizio e qui sta la salvezza. Il cieco di Gerico è immagine del discepolo: incapace di vedere, è accompagnato ad aprirsi ad un nuovo modo di vedere ma questo è opera di Gesù. Il cieco sta lungo la strada a mendicare e il suo grido è una invocazione: ‘Figlio di Davide, abbi pietà di me’. Chiama Gesù con il titolo di figlio di Davide il nome del re giusto, re della pace. ‘Figlio di Davide’ è titolo che ha anche valenza politica: il regno di Dio è regno di giustizia e di pace, cioè una realtà nuova di rapporti in cui si rende presente lo stile di Dio che guarda all’umile e al povero e si attua un rapporto nuovo tra le persone  non più di discriminazione ed esclusione ma di pace. Il cieco coglie come il ‘regno’ si sta avvicinando a lui nella persona di Gesù. La folla lo ostacola ma lo sguardo di Gesù lo raggiunge. “Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. Cieco, vive l’esperienza di un affidamento a Gesù che sta passando, a lui grida appoggiando in lui le sue attese di salvezza e quando lo incontra lascia il suo mantello, simbolo della sua unica sicurezza, e lo segue. Il cieco invoca ‘che io riabbia la vista’. Il suo desiderio è vedere. E Gesù gli risponde “Và la tua fede ti ha salvato”: lo spinge a camminare e riconosce nel suo affidarsi una forza di salvezza. Il cieco “prese a seguirlo per la strada”. Colui che era cieco, vede in modo nuovo e si pone a seguire Gesù: il cieco, proprio lui, diviene esempio del cammino di ogni discepolo e discepola.

Il discepolo – suggerisce Marco – è colui che si mette a seguire Gesù lungo la strada verso Gerusalemme. Ma per percorrere questa strada è necessaria una forza nuova ed una luce capace di cogliere nei tratti del crocifisso i lineamenti del Dio di misericordia che si china su un’umanità ferita e incapace di vedere. Questo sguardo nuovo può essere solo suo dono, luce che vince la cecità e rende possibile camminare sulle sue tracce.

Alessandro Cortesi op

Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/