XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (17/11/2024) Liturgia: Dn 12, 1-3; Sal 15; Eb 10, 11-14.18; Mc 13, 24-32
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la
luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e
radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie,
sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino,
è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la
terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa,
né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”.
(Mc 13, 24-32)
Leggendo questo brano del Vangelo ci invade un senso di paura e sgomento! Sembra che la vita sia
orientata al disastro e non solo la vita personale, ma pure quella del mondo. Il futuro sembra
destinato allo sconquasso totale. Ma è proprio questo il pensiero di Gesù? Gesù vuole incutere
paura? oppure usa un linguaggio, per noi sconosciuto, per alimentare la speranza?
Il solo fatto che parli della primavera, simboleggiata dal fico sul cui ramo spuntano le foglie, è un
forte richiamo non alla fine, ma all’inizio di un mondo nuovo. Mondo nuovo che germoglia dentro
sconfitte e rivolgimenti. Ma tentiamo di scrutare più a fondo questo discorso di Gesù.
“In quei giorni il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo”.
Quando Gesù annunzia che il sole si oscurerà e la luna non darà più la sua luce si riferisce al
fatto che questi astri erano considerati delle divinità, che legittimavano ogni forma di potere
sugli uomini e Gesù sta dicendo che la luce del vero Dio che sta annunciando farà eclissare
tutte le altre divinità.
Il sole che si oscurerà, non significa un fenomeno cosmico, che esso non manderà più la
luce. Il sole era considerato una divinità, un Dio. La luce del messaggio di Gesù, con il volto
del vero Dio, oscurerà il falso Dio sole. E così la luna non darà più la sua luce. Anche la
luna era considerata una divinità e il messaggio di Gesù l’oscurerà. E perché dice che le
stelle cominceranno a cadere dal cielo? Perché con il termine stelle si indicavano i potenti. Il
linguaggio è rimasto, ancora oggi parliamo di star, la star dello spettacolo, i grandi: è lo
stesso concetto.
Tutti i principi, i re, gli imperatori ritenevano di avere condizione divina o autorità divina e
nel linguaggio simbolico dell’epoca erano collocati in alto, nei cieli, là dove c’era Dio.
Quando incominciano ad oscurarsi le false divinità, nelle quali essi credono, ecco che queste
stelle cominciano a cadere.
L’immagine di Gesù non è catastrofica, ma positiva e chiede la collaborazione degli uomini.
Nella misura in cui gli uomini sono capaci di far brillare il vero Dio, le false divinità (le
false divinità si riciclano, cambiano nome, ma continuano ad esistere) crollano una dopo
l’altra. E quelli che determinano il loro potere in base a queste false divinità, perdono il loro
dominio e cominciano a cadere, svelandosi per quello che sono. Questa non è una catastrofe
da temere, ma avvenimento da accelerare. Non indica la fine, ma la liberazione da divinità
che impediscono la crescita e l’autonomia dell’uomo.
“Quando il suo ramo (del fico) diventa tenero e spuntano le foglie sapete che l’estate è vicina”.
Dentro ad un mondo che muore ogni giorno, c’è anche ogni giorno un mondo che nasce.
Cadono molti punti di riferimento, vecchie cose vanno in frantumi; costumi, tradizioni,
comportamenti si sgretolano, ma ci sono anche sempre sentori di primavere. Il mondo soffre
continuamente le doglie del parto. Come la nascita di un bambino avviene nel dolore e quasi
nel pianto della madre, così il mondo nuovo viene generato nelle sofferenze, nel travaglio,
negli sconvolgimenti sia fisici che sociali. “Quanto morire perché nasca la vita”, è un verso
del poeta Clemente Rebora. Quante cose devono morire perché il mondo nasca! Prendiamo
ad esempio la famiglia. Parlando con la gente c’è una convinzione diffusa che la famiglia
oggi si stia disgregando. Le crisi dei matrimoni crescono sempre di più, i giovani scelgono
di non sposarsi perché hanno paura di un impegno per sempre, irreversibile; le donne non
accettano più di vivere in sottomissione; la sessualità è spesso vissuta come ricerca di
piacere e non come luogo dei sentimenti, del dono, del dialogo. Ricordo un libro recente
dello psicologo Adolf Guggembulh dal titolo: “Il matrimonio è morto; lunga vita al
matrimonio”. Questo grande ricercatore vuole mettere in risalto che sta scomparendo un
vecchio modo di concepire e di vivere il matrimonio, ma che ne sta nascendo un altro più
vero e più umano: dove i due vivono insieme alla pari, dove non c’è sottomissione dell’uno
sull’altro, dove la sessualità è vissuta non come la ricerca del piacere, ma come incontro con
l’altro, come dono e non possesso, come dialogo e non monologo.
In questa nuova famiglia il centro è l’affetto, l’affettività, e non la ricerca del denaro. In essa
la donna può esprimersi con maggiore libertà e sincerità e i due si amano rispettando
ciascuno la differenza dell’altro. In questa nuova famiglia i figli possono scegliere
liberamente, nel confronto con i genitori e gli insegnanti, ciò che meglio corrisponde ai loro
doni ed ispirazioni.
In questa famiglia il centro non è più la legge o il dovere, ma l’amore e amarsi vuol dire
crescere uno con l’altro, definirsi l’uno con l’altro, inseguire ciascuno il proprio progetto, la
propria identità. Questa nuova visione di famiglia esigerà l’abbattimento del vecchio schema
o paradigma di famiglia. Molti lo vivono come lo sfacelo, invece è il sorgere di una
famiglia più vera e più sfavillante.
L’invito, quindi, è a vivere i conflitti e i cambiamenti come opportunità di crescita, come
appello a incamminarsi su strade nuove. Allo stesso tempo, siamo chiamati ad educarci non
soltanto ai conflitti, ma anche alle sconfitte: Gesù stesso può essere considerato il più grande
sconfitto della storia, e con lui molti profeti del passato e del presente.
Mi piace riportare il discorso del Vescovo di Rieti nei riguardi del terremoto di Amatrice e
Accumoli: “Non è il terremoto che uccide, uccidono le opere dell’uomo”. Spiega poi: “I
paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei
terremoti. Le montagne si sono originate da questi eventi e racchiudono in loro l’elemento
essenziale per la vita dell’uomo: l’acqua dolce. Anche i terremoti sono fenomeni che
indicano il divenire e il crescere della creazione”.
“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Potremmo anche scrivere
“tutto passerà, tutto cambierà, ma il mio amore rimarrà”.
Il mondo è fragile e pure la nostra vita è segnata dalla friabilità. Dove andremo a finire? Non si tratta
di inquietare con annunci di paura, si tratta di vivere con responsabilità la nostra vita.
Si tratta di domandarci che senso dare alla propria vita e interrogarci: chi sta vivendo la mia vita?
Rimane una seria consapevolezza che comunque l’amore di Dio non cesserà di animare la nostra
speranza
Due piccoli impegni.
- Riconoscere che i cambiamenti fisici e sociali indicano l’arrivo di primavere nuove.
- Attraverso gli sconvolgimenti di punti di riferimento e di tradizioni nasce un mondo nuovo.
Battista Borsato

Risposta
Grazie! Grazie per le sue parole che mi hanno fatto comprendere la Parola di domenica e mi ha dato tanta speranza!
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