II DOMENICA DOPO NATALE
Sir 24,1-4.12-16 Sal 147 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
L’uomo è uomo perché ha la parola. È la parola che ci mette in
relazione, che ci avvicina, che fa da tramite. La parola inesauribile e
smisurata nella sua capacità ci accompagna in ogni momento,
rivelando il suo potere di conquistare o di distruggere, di accogliere o
di escludere, di benedire o di maledire, di dichiarare la fedeltà e il
tradimento.
Apprendere la parola richiede una grande fatica, se è vero che non bastano i primi vagiti dell’infanzia per
costruire un discorso, per una relazione. Occorrono, invece, dedizione, esercizio, studio e, perfino, cuore
perché le parole autentiche e vere sono quelle che comunicano intesa, comprensione, rispetto, libertà e
amore.
Dare la parola è un compito immenso, come sanno bene i genitori e gli insegnanti: è come dare la vita,
come contribuire alla crescita e alla maturazione della persona. Avere la parola è un distintivo di
uguaglianza e di libertà, come ha scritto don Milani. Vivere la parola è un’esigenza del cuore, se vogliamo
che essa non sia insidiata dalla menzogna che la rende falsa o ambigua o vuota.
La parola raccoglie e ripropone la vita vissuta; essa è, come dice il vangelo di oggi, una parola fatta carne
perché racconta quello che l’uomo vive. Contiene la sua ricerca, la sua sofferenza, la speranza e le delusioni
e tutto quanto sperimentiamo. Perché dice quello che l’uomo ha in mente e nel cuore. Perché rivela ciò
che l’uomo sceglie di vivere nella sua libertà. Perché dà concretezza a quello che l’uomo ama. La parola
costruisce il mondo della bellezza, della poesia e dell’arte.
È per questo che le parole aprono alla vita, al pensiero, alle scelte, all’amore e vanno sempre difese contro
tutte le manipolazioni che rubano agli uomini la responsabilità. Per questo vanno rigettate le parole
quando sono pronunciate per catturare il consenso o per far tacere e soffocare la critica che mette in
evidenza le prepotenze e gli sbandamenti.
Ma anche Dio è Dio perché è Parola. Ce lo ripete in maniera solenne lo straordinario Vangelo di Giovanni
con il suo celebre prologo: “In principio era la Parola; la Parola era presso Dio; la Parola era Dio” (Gv 1, 1).
Come in un lampo che rivela al nostro sguardo ciò che era nascosto, così l’evangelista annuncia ai credenti
e ai cercatori di Dio il lato umano di Dio.
Dio è parola, dialogo, relazione, voce e suono capace di invitare ogni donna e ogni uomo all’ascolto di lui e
alla risposta. Forse proprio questo è mistero. L’uomo “ha” la parola, perché Dio che “è” la Parola e ha
parlato all’uomo! L’evangelista Giovanni, nel suo prologo, afferma che «la Parola si è fatta carne» (Gv 1,
14).
Lasciamoci incantare da questa immagine: «carne» significa la tua salute e la tua bellezza, ma anche la tua
caducità e la tua malattia, il corpo giovane e il corpo invecchiato, la tua forza e la tua debolezza, la tua
sensibilità e la tua vulnerabilità, la gioia dei sensi, ma anche il tuo dolore. La carne» è anche la nostra
storia quotidiana fatta di speranze e di delusioni, di progetti e di paure; carne è il tuo lavoro e la tua fatica,
il tuo benessere ma anche l’esperienza del vuoto, della solitudine e della povertà.
In questa «carne» è scesa la Parola eterna di Dio: nella carne di Gesù di Nazaret, uomo in cui la Parola ha
compiuto le sue meraviglie, diventando vita, salvezza, redenzione per tutti. Davvero la carne è il cardine
della salvezza per le donne e per gli uomini che sanno vivere intensamente la loro umabità!
