Pieve di Scandiano CommentoII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 62,1-5   Sal 95   1Cor 12,4-11   Gv 2,1-11

Domenica scorsa, con il Battesimo del Signore, abbiamo iniziato il cammino del tempo ordinario: è  il tempo in cui seguire Gesù nella sua vita pubblica e nella missione per la quale il Padre lo ha inviato nel mondo.

Il Vangelo che la liturgia di questa seconda domenica ci presenta racconta invece il primo di quei setti segni prodigiosi che, nella prima parte del vangelo di Giovanni, svelano l’identità divina del Cristo. E allora non è casuale che all’inizio della vita pubblica di Gesù si collochi una cerimonia nuziale, perché in Lui Dio ha intessuto un’alleanza sponsale con l’umanità: Cristo è il vero sposo di questo banchetto di nozze e Maria, che nel quarto vangelo è figura corporativa della Chiesa , del Popolo di Dio, ne è la controparte (si noti l’evoluzione della figura di Maria nei vangeli: in Marco e Matteo è poco più di un personaggio fra i tanti; per Luca è modello del discepolato; mentre in Giovanni rappresenta la comunità dei credenti, a tal punto che a Lei è affidata la cura del discepolo amato). In effetti, tutto il mistero del segno di Cana si fonda sulla presenza di questo sposo divino che comincia a rivelarsi. Non per nulla gli sposi non sono mai menzionati in tutta la pericope. Egli si manifesta come lo sposo del popolo di Dio, annunciato dai profeti (pensiamo soprattutto all’opera di Osea o a quella del terzo Isaia che leggiamo nella prima lettura) e ci svela la profondità della relazione che ci unisce a Lui: è una nuova Alleanza di amore. Dio si presenta come uno sposo innamorato del suo popolo, ci comunica tutto il suo pathos: mai agli occhi di Dio l’uomo e la donna sono stati così importanti come nella rivelazione giudaico-cristiana.

Nel contesto di questa “nuova ed eterna Alleanza” – come dirà Gesù stesso nell’ultima cena portando a compimento l’oracolo di Geremia 31 – si comprende quindi il senso del simbolo del vino, che è al centro di questo miracolo. Proprio quando la festa è al culmine, il vino termina. Le Scritture indicavano il vino come elemento tipico del banchetto messianico (cfr Am 9,13-14; Gl 2,24; Is 25,6). L’acqua, infatti, è necessaria per vivere, ma il vino esprime l’abbondanza del banchetto e la gioia della festa. Una festa senza vino? Abbastanza triste. Trasformando in vino l’acqua delle anfore utilizzate «per la purificazione rituale dei Giudei» (v. 6), Gesù compie inoltre un segno eloquente: la Legge di Mosè (vecchia alleanza) è tramuta in una nuova alleanza, portatrice di gioia per quanti siedono al banchetto e soni inaugurati i tempi, “l’ora”, attesi da tutti i secoli.

Proviamo ad iniziare questo nuovo tempo feriale con questa consapevolezza…

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