II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 62,1-5 Sal 95 1Cor 12,4-11 Gv 2,1-11
“Il tuo volto Signore io cerco” preghiamo con le parole del salmo e allora
seguiamo Gesù come chi vuole conoscerlo. Oggi Gesù è a una festa di
nozze in Cana di Galilea. E seguirlo non è una finzione, come se oggi già
tutto fosse svelato e noi facessimo finta di non sapere.
L’evangelista Giovanni chiama i gesti di Gesù segni e non miracoli. E così ci
mette in viaggio. Segni di cosa? C’è una bella differenza tra cronaca e
segno. E Giovanni scrive: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni
compiuti da Gesù ed egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”.
Per gli altri evangelisti l’inizio non fu con il vino ma con le guarigioni dei malati. Ma è bellissima e
imperdibile questa attenzione di Maria e di Gesù per un uomo e una donna che si amano, per la loro festa.
All’inizio del vangelo di Giovanni c’è la festa per l’amore umano. Gesù manifesta la sua gloria nel vino, non
spiritualizza l’amore, non gli dà confini ma celebra la bellezza dell’amore nel vino. Perché l’amore è anche
ebbrezza e festa.
Ma una cosa ancora bisogna dire riguardo all’attenzione di Gesù che è come se fosse trascinato,
dolcemente trascinato, dall’attenzione di Maria sua madre. Maria sa leggere dentro la vita reale. A farle
problema è la situazione che si sta creando in quel banchetto. Maria si accorge di questa mancanza perché
lei sa cosa è necessario ed è abituata a conservare nel suo cuore ciò che è essenziale nella vita.
Maria sa che può contare su quel figlio che ora ha parole misteriose che sembrano rimandare la sua
manifestazione. Lei sa che per lui quella sarà l’occasione per dare un segno, il segno di un Dio che non solo
riconosce la bellezza dell’amore umano ma ne è l’origine. “Maschio e femmina li creò… e vide che era una
cosa molto bella”. Vide anche lei e provò stupore perché gli sposi sono belli. Gesù con questo segno
racconta Dio, chi è Dio, dove abita Dio. Dio abita dove ci si ama, dove si cancella la solitudine. Qui c’è Dio.
E vuole, come gli ha suggerito la madre, salvaguardare la festa dell’amore. Perché l’amore senza un po’ di
festa che amore è? Per salvare la festa Gesù si guarda intorno. Un po’ appartate e fuori dalla festa vede sei
anfore. Dovevano servire per i riti ma sono vuote. E chissà se anche le anfore vuote non siano segno. Segno
della tristezza di quando siamo vuoti noi: il vuoto dei riti, il vuoto dei pensieri e delle parole, il vuoto del
cuore, il vuoto dell’anima, della vita pietrificata.
E Gesù comanda ai servi di riempire le anfore sino all’orlo. “Sino all’orlo” è un’esagerazione, ma tutto nel
brano racconta una dismisura, anche la quantità dell’acqua cambiata in vino, anche la bontà del vino. Ma
senza un po’ di esagerazione che amore è?
Gesù vede le anfore, vede i servi e li chiama e diventano collaboratori silenziosi come quelli che non
contano in un banchetto. Ma per tutta la vita i servi avrebbero ricordato che, dopo tutto, l’acqua nelle
giare l’avevano messa loro, portata loro. Collaboratori segreti della gioia di un banchetto. Quasi una
vocazione a cercare l’acqua, l’umile acqua, per collaborare alla festa del mondo che troppo spesso viene
lacerata.
E che cosa apre squarci di speranza nell’umanità se non l’ umile consegnarsi e consegnare? Nessun
clamore. Ecco vorrei dire che anche questo è un segno: quando si parla del miracolo di Cana la curiosità va
sulla spettacolarità dell’evento. Ma al contrario, viene ignorata nel racconto, quasi cancellata ogni parola.
Parlano solo i gesti silenziosi. C’è questo mirabile legame tra voci, canti di festa e un operare nascosto. È il
rovescio della pubblicità.
Gesù è il protagonista e nessuno, o quasi nessuno, se ne accorge. Niente spettacolo, come se Gesù
cercasse il silenzio lontano da ogni clamore. *Voi ricorderete come questa sia una costante nei vangeli: a
miracolo avvenuto, il comando di Gesù è di non parlarne. Poi un giorno sul monte insegnerà ai discepoli, e
quindi anche a noi, la compostezza segreta del fare il bene. Niente suoni di tromba se fai opere buone,
niente esibizioni se preghi, niente aria disfatta se digiuni, niente di niente per farti vedere. “Il Padre che
vede nel segreto, ti ricompenserà”.
Voglio infine ricordarvi le parole intrise di tenerezza del libro del Siracide: “Figlio, per quanto ti è possibile,
trattati bene, non ti sfugga alcuna parte di un buon desiderio. Non privarti di un giorno felice” (Sir
14,11.14). Anche noi se possibile prendiamoci cura che nessuno sia privato di un giorno felice. Così ha
fatto Maria e così ha fatto Gesù.
