Domenica 2 Febbraio PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
Ml 3,1-4 Sal 23 Eb 2,14-18 Lc 2,22-40
Una tradizione in Israele riguardava i neonati ed è quella
ricordata oggi dall’evangelista Luca che ci racconta ciò che
accadde quaranta giorni dopo la nascita di Gesù. A chi viene
presentato Gesù dagli angeli? Ai pastori, gente malfamata. Oggi Gesù
entra nel tempio e incontra Simeone e Anna. Nella chiesa d’Oriente
questa festa si chiama “l’incontro”.
Giuseppe e Maria portano il loro bambino, uno come tanti, come lo portavano tutti, e non accadeva nulla
nel tempio. Ed ecco arriva Gesù. Giuseppe e Maria con il loro bambino passano inosservati. Forse il mondo
si aspettava il Messia da una famiglia blasonata, non certo da due genitori con l’offerta dei poveri. E
intanto il loro bambino taceva dormendo o anche solo piangeva.
Che la salvezza fosse in braccio a una madre, in un bambino, era da non credere ma gli occhi videro la
salvezza. Gli occhi di chi? La solennità della presentazione di Gesù, di ogni vera presentazione del Signore,
trova rifugio negli occhi e nel cuore dei veri credenti. Gesù incontra Simeone e Anna, volti scavati dalla
vecchiaia e mai arresi alla tentazione di spegnere alla sera i sogni accesi al mattino. Essere vecchi e avere
occhi che ancora desiderano vedere.
Simeone dice “Ora”. “Ora puoi lasciare, Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno
visto la tua salvezza”. E anche Anna, a ottantaquattro anni, era ancora là, di giorno e di notte, tra quelli che
attendevano la venuta del Redentore.
Simeone teneva in braccio il bambino. “Portarono il bambino per presentarlo al Signore”.
Affidarono Gesù alle braccia di Dio che poi lo restituisce affidandolo alle nostre. Il vecchio e il
bambino, gli estremi della vita, dentro la salvezza. Il vecchio in quel bimbo salutava Dio e le sue parole
erano un canto. Parole che la chiesa prega e canta ancora ogni sera, all’avvicinarsi della notte. Il vecchio
Simeone mai avrebbe immaginato che, dopo duemila anni, si sarebbe cantata la sua fede e la speranza.
Pensate quante cose gli occhi di quel vecchio avevano visto nella vita. E poi avrebbe incontrato la morte,
ma c’era per lui una promessa: “che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del
Signore”. Quel giorno, mosso dallo Spirito, si era recato al tempio e quel giorno i suoi occhi videro in Gesù
la salvezza. È una questione di occhi. Tutti vedono le stesse cose ma c’è chi non va oltre.
Mi viene in mente la beatitudini del monte: “Beati i puri di cuore, vedranno Dio”. Beati coloro che hanno
custodito il limpido sguardo, che non si sono lasciati corrompere da interessi o da presunzione: loro, solo
loro vedranno Dio. Chi accoglie Gesù e lo riconosce sono due anziani dalla fede semplice che hanno
vissuto una lunga vita aspettando il tempo di Dio. Questa fede semplice che aspetta da Dio la salvezza sia
anche la nostra fede.
Di Simeone è detto che era un uomo giusto. Uomini giusti sono quelli che non si sentono padroni di Dio né
del suo mistero e davanti a lui stanno come Mosè con i sandali in mano perché sanno di calpestare la terra
santa. Giusti e timorati di Dio sono quelli che aspettano. A loro sta a cuore non la propria sorte o gli
interessi personali, ma quelli del bene comune e del popolo. Sono quelli che non si sono arresi al degrado
della storia e ancora aspettano perché sperano. Aspettano la consolazione per tutti.
Tante cose aveva visto Simeone nella sua vita ma non gli avevano risolto la paura della morte. Anche noi
vediamo eventi che ci lacerano la vita, abbiamo visto volti a noi cari di una tenerezza struggente eppure
non ci basta per andarcene senza paura e in pace. Ed è per questo che vorremmo incontrare Gesù e la sua
luce, per poter andare in pace con Lui. Purché la sua luce squarci l’ombra della paura alla vita e alla morte.
Se lasceremo entrare Gesù nel tempio del nostro cuore, se ci lasceremo muovere dal suo Spirito, non
avremo paura di andarcene. E ce ne andremo dalla vita come Simeone in pace.
