VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Ger 17,5-8 Sal 1 1Cor 15,12.16-20 Lc 6,17.20-26
“Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti”.
Una parola di benedizione è legata al confidare e alla fiducia nel Signore. L’immagine che esprime questa relazione è quella di un albero che affonda le sue radici dove scorre acqua e porta vita. E’ un invito a trovare energia di vita nel rapporto con Dio che non esaurisce il suo dono e continua ad offrire in modo gratuito come acqua che scorre forza e speranza. Le foglie che rimangono verdi sono metafora di un agire che rimane coerente e continua nell’impegno anche quando attorno c’è difficoltà. E’ anche bello scorgere come la relazione con Dio è presentata nel linguaggio biblico – che è sempre linguaggio di rinvii e simboli – con un paragone vegetale. La natura stessa parla di Dio e quanto si può leggere nel silenzio delle piante, del loro lento crescere, fiorire, senza far rumore, quanto si può scorgere nella vita di tutti gli elementi che compongono la casa comune che è l’ambiente è rinvio ad una esperienza in cui soffia la presenza di Dio ed è messaggio per gli esseri umani chiamati ad ascoltare la voce di Dio che parla in diversi modi. Un albero ricco di foglie e frutti presso un corso d’acqua diventa rinvio a scorgere il dono di una benedizione che non viene meno, benedizione originaria e che si dà senza limiti. La vita stessa di quell’albero nel silenzio testimonia un dono, una relazione, una vita. E fa cogliere da dove può trarre vita la fioritura di foglie e di frutti: da un’acqua in cui le radici vanno alla ricerca e in cui si affondano.
“Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”. Alla comunità di Corinto Paolo comunica il messaggio al cuore della fede, il rinvio alla vicenda di Gesù, morto e risorto. La sua risurrezione è letta da Paolo con l’immagine della ‘primizia’. Ancora troviamo un simbolismo tratto dalla natura. Le primizie sono i primi frutti della stagione, come le prime ciliegie , dal sapore ancora un po’ acerbo, i primi frutti che si affacciano sui rami, talvolta ancora pochi, primo assaggio di quello che sarà una maturazione abbondante. Un annuncio di un’ampia condivisione. Le primizie aprono alla gioia che deriva dall’abbondanza di cui esse sono primo segno. Sono indicazione di speranza. Così le prime prugne su di un grande albero che si coprirà in breve di frutti, o i primi covoni di una futura mietitura che raccoglierà innumerevoli steli raccolti insieme. Paolo indica con questa immagine il grande annuncio di un legame tra il rialzarsi di Cristo, il suo aver vinto la morte nel donarsi fino alla fine e nel darsi ad incontrare vivente ai suoi, e il futuro di speranza per ogni uomo e donna. Cristo è primizia di risurrezione futura per tutti coloro che sono morti. Primula che annuncia timidamente nella sua piccolezza l’irrompere di una fioritura difusa e immensa nel tempo della primavera. La morte non è l’ultima parola della vita: Cristo ha spalancato una strada di cui è primo testimone ma non da solo, legandosi a tutta l’umanità chiamata a vivere la comunione nella risurrezione.
“Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”. Luca indica i poveri come coloro che si devono rallegrare. Non certo per la sofferenza della condizione di povertà, ma perché l’annuncio di Gesù apre a scoprire che Dio si pone dalla loro parte e che il regno di Dio è una nuova realtà possibile, di relazioni nuove, in cui i poveri sono posti al centro e con loro Gesù si identifica. L’autentica povertà è l’atteggiamento di non dipendere dalla smania di possesso e di accaparramento, è la base per pensare alla condivisione e all’aiuto reciproco. Il vero problema che impedisce di vivere insieme è la ricchezza che genera paura di perdere, grettezza nell’accumulare, incapacità di sguardo all’altro. C’è un segreto di felicità nella condizione di chi non pensa di essere padrone delle cose, degli altri, di se stesso. Gesù è venuto per annunciare una bella notizia ai poveri: notizia di liberazione, di futuro, di speranza. E’ questo annuncio delle beatitudini con la vita ciò che Gesù chiede a chi desidera seguirlo. Anche oggi siamo chiamati a lasciarci cambiare dalla proposta di una felicità nuova confidando che Dio prende le parti dei poveri e solleva per aprire a cammini di solidarietà e comunione.
Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/
