Domenica 9 Marzo (DOMENICA – Viola)
I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Dt 26,4-10 Sal 90 Rm 10,8-13 Lc 4,1-13
“Il Signore vide la nostra oppressione e ci fece uscire dall’Egitto…”. Questa antica professione di fede di Israele si articola come racconto di una storia. Si riconosce l’agire di Dio che ha liberato Israele e ha stretto una alleanza destinata non a costituire motivo di privilegio e di discriminazione ma a radunare tutti i popoli in un orizzonte di pace.
Il Dio incontrato da Israele nella condizione di schiavitù d’Egitto, nel grido che chiedeva liberazione, è un Dio che agisce, ascolta, si rende vicino, libera: egli ha ascoltato il grido dalla sofferenza del popolo oppresso, ed è sceso a liberarlo. E’ il Dio ‘totalmente altro’, lontano e diverso dall’uomo, non riducibile ai pensieri e costruzioni umane – i suoi pensieri non sono i nostri pensieri – e nello stesso tempo è il Dio vicino, compassionevole: si prende cura degli indifesi.
E’ lui che ‘ci fece uscire dall’Egitto’ e ha donato la terra come segno del compimento della sua promessa. Colui che pronuncia queste parole che sono traccia della fede, riconosce di essere nella condizione di straniero come i propri padri. Stranieri in cammino: è questa la condizione umana che dovrebbe accomunare nel senso di compassione per ogni percorso di migrazione e di speranza.
Leggiamo questi testi mentre in Palestina continua la politica di colonizzazione e dominio del governo al potere, mentre a Gaza è a rischio il fragile cessate il fuoco e la gente vive tra le macerie, senza ospedali e ricoveri dopo quindici mesi di massacri e distruzione. Dobbiamo contestare ogni utilizzo di questi testi biblici a sostegno di disegni di oppressione e di conquista. Il Dio dell’alleanza apre una promessa per liberare e in vista di un incontro dei popoli nella giustizia, non per il predominio di qualcuno sugli altri.
La fede nel Dio vicino e liberatore dovrebbe generare scelte di rigetto della violenza, di vicinanza verso tutti quelli che soffrono ingiustizia e oppressione e sono vittime di politiche di dominio. Quel grido che saliva dal popolo d’Israele schiacciato nella schiavitù d’Egitto continua e si rende oggi presente nel grido di tanti popoli.
Nelle ‘tentazioni’ che esprimono la prova che segna tutta la vita di Gesù nel suo essere messia, egli risponde con un abbandono di fiducia in Dio Padre: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a Lui solo renderai culto”. Gesù non corrisponde alla richiesta di essere messia che accontenta solo esigenze immediate: ‘se tu sei figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane’. Non offre nemmeno risposta ad attese di potere, politico o religioso. Luca sposta l’ordine delle tentazioni di Gesù: nella seconda tentazione (che corrisponde alla terza nel racconto di Matteo) la figura del divisore accosta Gesù con la pretesa di essere dominatore dell’intero mondo: «gli mostrò in un istante tutti i regni della terra» (Lc 4,5). Gesù è condotto ad affrontare la tentazione del dominio, del potere senza limiti. E’ l’illusione che segna la condizione dell’umanità, espressa nel racconto di Genesi quando Adamo, che aveva ricevuto l’affidamento di coltivare e custodire la terra, sceglie di ‘diventare come Dio’ (Gen 3,5). Gesù risponde con rinvio alla Scrittura e richiama il primato di Dio, la sua alterità «Gesù gli rispose: “Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”» (Lc 4,8). E sceglie una via alternativa a quella del dominio intrapresa da Adamo. Apre così un nuovo cammino per l’umanità, per divenire umani nel rigetto della logica del dominio.
Il racconto delle tentazioni di Gesù in Luca si conclude non su di un alto monte (come in Matteo) ma sul pinnacolo del Tempio di Gerusalemme. Questa città ha una rilevanza particolare nel progetto letterario di Luca: da lì tutto inizia, nel tempio e a lì tutto è orientato. La prova sostenuta da Gesù, non è momento passeggero ma attraversa tutta la sua vita: proprio a Gerusalemme trova il suo culmine: sulla croce Gesù vive il suo ultimo affidamento all’Abbà Padre dicendo ‘nelle tue mani affido il mio spirito’.
Dal pinnacolo Gesù è sfidato ad accettare di essere trasportato sulle ali della Shekinah: è la tentazione di rinunciare al suo percorso pienamente umano a ‘diventare come Dio’. Gesù respinge questa tentazione e sceglie di vivere il suo andare verso Gerusalemme come servo sofferente, nella sua umanità solidale con tutti e testimone di misericordia.
Gesù rifiuta in tal modo di essere un messia di tipo politico e trionfale. Rigetta un messianismo di tipo spettacolare. Non è messia della potenza, che giunge con colpi di scena. Le sue opere di potenza saranno gesti per guarire, per sanare, per ridare speranza agli oppressi: e saranno compiuti per lo più nella distanza dalla folla che insegue spettacolarità e prodigi. Il cuore della sua missione è la scelta di essere un messia povero.
Luca pone il racconto delle tentazioni di Gesù dopo aver indicato la sua genealogia che lo unisce ad Adamo: in Gesù la storia dell’umanità, la storia anche della prova dell’uomo trova una risposta che apre alla fraternità di chi si riconosce figlio in rapporto al Padre. E’ risposta nell’affidamento a Dio, Padre misericordioso. Il suo progetto è liberare i suoi figli. La quaresima è tempo per vivere questo cammino di fede che ha al suo centro l’agire di Dio che scende a liberarci.
Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/
