Domenica 23 Marzo (DOMENICA – Viola)
III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Es 3,1-8.13-15 Sal 102 1Cor 10,1-6.10-12 Lc 13,1-9
Il Vangelo di questa III domenica di Quaresima ci offre una riflessione profonda che, proprio nel contesto quaresimale, ci invita a soffermarci su due elementi fondamentali, profondamente connessi: la necessità della conversione e la pazienza di Dio. Nella prima parte del Vangelo, Gesù risponde a coloro che cercano di interpretare due disgrazie, potrebbero dire due pagine di cronaca nera, come la morte dei Galilei uccisi da Pilato e il crollo della torre di Siloe, come punizioni per i peccati delle vittime. Gesù smonta questa logica e invita tutti a una riflessione personale, a lasciarsi cioè direttamente interrogare da quanto accaduto. La sua esortazione a “convertirsi” non è solo un richiamo a cambiare comportamenti esterni, ma un invito molto più profondo a una trasformazione interiore. La parola greca “ metanoia ”, che traduce “conversione”, significa letteralmente “cambiare mente” o “cambiare modo di pensare”, sottolineando che la conversione riguarda la profondità delle nostre motivazioni, non solo le azioni esteriori. È un invito a un cambiamento radicale, che parte dal cuore e dalla mente, non solo da gesti superficiali o azioni occasionali. Le tragedie e le disgrazie che Gesù menziona non sono punizioni divine, ma occasioni per riflettere sulla nostra fragilità e sul fatto che la nostra vita non è completamente nelle nostre mani. L’essere stati vittime di queste tragedie non è assolutamente una punizione divina. Questi fatti invece sono un invito a rivedere il nostro modo di relazionarci col tempo e la vita. Spesso, tendiamo a vivere come se il tempo fosse illimitato, rimandando decisioni importanti e radicali. Tuttavia, la realtà della nostra debolezza, che emerge nelle difficoltà, nelle perdite e in ciò che è imprevedibile e ci mette in crisi, ci fa capire quanto sia importante non sprecare il nostro tempo, ma viverlo con consapevolezza e senso di responsabilità. Gesù ci invita a riflettere sul tempo che ci è dato, come un’opportunità per fare una revisione profonda della nostra vita, perché sia davvero un tempo di salvezza ( kairós , tempo significativo e favorevole), non soltanto uno scorrere di istanti senza senso. Questo aspetto viene ulteriormente approfondito dalla seconda parte del Vangelo, con la parabola del fico infruttuoso. Il padrone della vigna, impaziente per la mancanza di frutti, vorrebbe ridurre l’albero, ma il vignaiolo chiede un altro anno per prendersene cura, sperando che porti frutto. Questa immagine ci mostra il senso della pazienza di Dio nei nostri confronti. Nonostante le nostre manchevolezze e il nostro lento cammino verso la vera conversione, Dio è sempre pronto ad offrirci tempo, a darci una nuova possibilità per cambiare. La misericordia di Dio si manifesta nella Sua pazienza, che ci concede una “seconda opportunità”, non perché siamo degni, ma per il Suo amore infinito verso di noi. Tuttavia, è fondamentale ricordare che il tempo che Dio ci concede non è infinito. Non possiamo rimandare all’infinito la nostra conversione. La Quaresima ci ricorda che il cambiamento non è solo un’opzione, ma una necessità urgente. Ogni giorno che passa è un’opportunità che non dobbiamo sprecare. Il tempo che ci è dato deve essere vissuto in pienezza, come un’occasione di cambiamento radicale, in cui non possiamo essere superficiali o ritardare la nostra risposta al Suo invito. La conversione richiede un impegno profondo, che si traduce in scelte concrete, ma soprattutto in un cambiamento del cuore. Chiediamoci seriamente allora: stiamo vivendo il nostro tempo in modo autentico, come occasione di vera conversione, o stiamo rimandando ciò che è essenziale? La pazienza di Dio è grande, ma non possiamo abusarne. La Quaresima è il momento giusto per fermarci, riflettere e rispondere al Suo invito con una conversazione profonda, che tocca il nostro cuore, la nostra mente e le nostre azioni.

Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)
Tutto è provvisorio nella vita dell’uomo, tutto è legato al tempo: in questo senso i peccatori come i vivono giusti nel tempo, un tempo che è dono di Dio per loro, un tempo di grazia e quindi un tempo aperto alla conversione. Né il peccatore incallito né il giusto incallito resteranno tali per sempre, tutti sono chiamati a diventare ‘peccatori in conversione’. Dio viene a toccarci in infiniti modi per renderci docili a questo stato di conversione; da parte nostra possiamo solo prepararci a essere toccati da Dio. Estranei alla conversione siamo estranei all’amore. In questo caso rimarrebbero all’uomo solo le dovute alternative: o l’autosoddisfazione e la giustizia propria, oppure una profonda insoddisfazione e la disperazione. Al di fuori della conversione non possiamo stare alla presenza del vero Dio: non saremmo davanti a Dio, bensì davanti a uno dei nostri numerosi idoli. D’altro lato, senza Dio, non possiamo dimorare nella conversione, perché questa non è mai frutto di buoni propositi o di qualche sforzo sostenuto: è il primo passo dell’amore, dell’amore di Dio molto più che del nostro. Convertirsi significa cedere all’azione insistente di Dio, abbandonarsi al primo segnale d’amore che percepiamo come proveniente da lui. Abbandono, dunque, nell’accezione forte di ‘capitolazione’: se capitoliamo davanti a Dio, ci offriamo a lui. Allora tutte le nostre resistenze fondono davanti al fuoco divorante della sua Parola e davanti al suo sguardo; non ci resta altro che la preghiera del profeta Geremia: « Sconvolgici [lett: rovesciaci], Signore, e noi saremo convertiti [lett.: rovesciati]» (Lam 5,21; cfr. Ger 31,18). (A. LOUF, Sotto la guida dello Spirito , Magnano, 1990, 15-17).
Preghiera
«Dio mio,
dammi la forza di cambiare le cose
che possono essere cambiate;
dammi la forza di accettare le cose
che non possono essere cambiate;
e dammi la luce
per distinguere le une dalle altre».
(Anonimo)
Fonte:https://caritasveritatis.blog/
