Domenica 30 Marzo (DOMENICA – Viola o Rosaceo)
IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO C)
Gs 5,9-12 Sal 33 2Cor 5,17-21 Lc 15,1-3.11-32
Ci troviamo di fronte ad uno dei capolavori delle narrazioni di Gesù di Nazaret, forse la parabola più citata, con quell’immagine del “figlio prodigo” sulla via del ritorno che viene spesso ripresa per descrivere drammatiche situazioni di ripensamenti e di marce indietro della vita.
Ultimamente è stata ribattezzata: la parabola del padre misericordioso, spostando così l’attenzione sull’atteggiamento di colui che, secondo l’intenzione di Gesù, rappresenta il modo di agire di Dio Padre. Ma potremmo anche definirla la parabola del “padre prodigo di misericordia”.
C’è, infatti, un padre generosissimo, ben più prodigo del suo proverbiale figlio che lo sollecita a dargli la parte che gli spetta; e benché ancora vivo egli addirittura divide tutto i suoi averi tra i due fratelli, come a dire che mette tutta la sua vita nelle loro mani. Ma il piccolo di casa ha ormai il cuore sordo a qualsiasi gesto di delicatezza, perché si sente schiavo, si sente privo di vita, come se il padre non gliela avesse ancora donata del tutto. Egli è l’immagine delle tante persone che vivono la relazione con Dio in modo servile, oppressivo, come se questi fosse geloso della nostra felicità.
Il figlio grande, saltando all’altro estremo del racconto, è poco meglio, o se volete poco peggio del fratello. Egli invece è l’immagine di chi vive la relazione con Dio come se questo fosse un datore di lavoro: ‘faccio quello che mi comanda, ma dopo mi deve dare la paga’, altrimenti scatta la rivendicazione sindacale. Una vita obbediente, ma senza cuore, senza mai sentirsi veramente a casa propria.
A questo punto ci domandiamo: dove sta il figlio che sa vivere da figlio, Secondo il cuore di Dio? Ecco: è proprio colui che sta raccontando la parabola. Gesù è il figlio vero, quello che nella casa di suo padre non si sente né schiavo né commerciante, ma semplicemente figlio. Gesù in effetti è la manifestazione, la rivelazione, o se volete l’incarnazione di quell’amore totale di Dio padre che dona tutto se stesso purché i suoi figli abbiano vita e l’abbiano in abbondanza; anche a costo di correre il rischio di vedere sprecati i suoi doni. Ma a lui va bene così, purché ai figli non venga risparmiato neanche una minima frazione del suo amore, e perché la sua misericordia, comunque, è di una abbondanza inesauribile. A questo punto sta a noi decidere dove abitare, e quale modello seguire nella relazione con Dio: schiavo, commerciante o figlio?
Fonte:https://fradamiano.blogspot.com/
