Domenica 6 Aprile (DOMENICA – Viola)
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
Is 43,16-21 Sal 125 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11
Il brano della donna adultera è uno dei testi più struggenti e illuminanti dell’intero Nuovo Testamento. Paradossalmente, è anche uno dei più discussi a livello esegetico: non compare nei manoscritti più antichi del Vangelo di Giovanni e, per molti studiosi, potrebbe essere stato originariamente una tradizione lucana, data la sua narrazione e la forte centralità della misericordia, oltre all’attenzione alla dignità della persona. Tuttavia, la tradizione canonica ha accolto questo brano nel Quarto Vangelo, riconoscendolo come parte integrante delle Scritture che la Chiesa proclama. È una perla preziosa di rivelazione, dove la giustizia di Dio si svela nella forma della misericordia. Gesù è nel tempio, circondato dal popolo che lo ascolta. Gli scribi ei farisei gli presentano una donna sorpresa in adulterio, non tanto per cercare giustizia, ma per tendergli un tranello. Vogliono metterlo in contraddizione con la Legge di Mosè, che prevedeva la lapidazione per simili casi, e al tempo stesso screditarlo come un maestro troppo indulgente. Ma Gesù non si lascia coinvolgere nella loro logica. Non si opporsi frontalmente alla Legge, né entra nella polemica. Compie piuttosto un gesto disarmante e misterioso: si china e scrive per terra. Un silenzio carico di significato, un momento che sospende la tensione, spostando l’attenzione dal caso giudiziario alla profondità del cuore umano. Il gesto richiama subito l’Antico Testamento: è Dio che scrive la Legge con il dito sul Sinai. Ora è Gesù, Dio fatto carne, a riscrivere la Legge, non abolendola ma portandola a compimento, liberandola dalle incrostazioni di durezza umana. La sua Legge è verità, ma anche pienezza di grazia. Gesù non giustifica il peccato, non dice che non sia grave. Ma ribalta il centro del discorso: mette al centro la persona, non l’errore; invita ognuno a guardarsi dentro prima di puntare il dito contro gli altri. Non è un atteggiamento lassista, né un’omissione, ma lo sguardo puro e forte di chi conosce il cuore dell’uomo e sa che il male si combatte con la verità e l’amore, non con la violenza. Uno dopo l’altro, gli accusatori se ne vanno, cominciando dai più anziani. E la scena si svuota, fino a restare in una nudità essenziale che sant’Agostino descrive con parole indimenticabili: “ Rimasero solo due: la misera e la Misericordia ”. La donna, umiliata e impaurita, e Cristo, la Misericordia, l’unico senza peccato, l’unico autorizzato a giudicare, ma che sceglie invece di salvare: « Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più » (Gv 8,11). In queste parole si compie la sintesi perfetta della giustizia divina: non un giudizio di condanna, ma di verità e misericordia insieme. È una giustizia restaurativa, che desidera il meglio per la persona, che crede nella possibilità del cambiamento, senza imporlo, ma proponendolo e ispirandolo attraverso l’insostituibile libertà dell’uomo. Anche nel peccato più grave, la dignità dell’uomo rimane intatta, perché nessun peccato può cancellare l’immagine di Dio impressa in lui. Ma proprio per questo, l’errore non va ignorato: va riconosciuto, comunicato, superato. Gesù non giustifica la donna, ma la libera. Non nega il male, ma spezza le sue catene. Le apre un futuro e affida alla sua libertà la responsabilità di una scelta: “ Non peccare più ”. Il perdono, per essere reale, ha bisogno della libertà di chi lo accoglie e lo traduce in vita nuova. In un tempo come il nostro, segnato da un lato da un certo relativismo etico che banalizza ogni errore, e dall’altro da un moralismo impietoso che inchioda le persone ai propri sbagli, lo sguardo di Cristo è di un’attualità bruciante. Oggi, infatti, troppo facilmente si giustifica tutto o si condanna tutto. Da un lato, regna un permissivismo totale; dall’altro, ci sono sempre pietre mediatiche pronte a distruggere vite, reputazioni, esistenze. Cristo ci propone una via diversa, la sua: la via della verità nella carità, del realismo evangelico che non ha paura di chiamare il peccato per nome, ma che non cessa mai di guardare la persona con misericordia, perché ogni persona è di più del proprio errore. Ogni peccatore è chiamato a rialzarsi. E ogni giudizio che non nasce dall’amore, non è il giudizio di Dio. In un mondo che giudica troppo in fretta o troppo poco, la vera giustizia è quella che salva, che rialza, che dà una seconda possibilità. Come per la donna del Vangelo, anche per ciascuno di noi, la Quaresima – e ancora di più il tempo del Giubileo – è un invito a guardarsi dentro, a lasciarsi guardare da Cristo, proprio come quella donna adultera, ea ripartire con coraggio, liberi e rinnovati.
Bene-dire (a cura di Mons. Francesco Diano)
«Un giorno stavo parlando con uno studente nel mio studio, e sul cavallotto avevo appena finito di dipingere un volto di Cristo di grandi dimensioni. Ho chiesto allo studente: -Secondo te, chi guarda Cristo? -Guardami. Poi gli ho detto di alzarsi, di continuare a guardare Cristo e, passo per passo, lentamente, venire dalla mia parte. Gli ho chiesto di nuovo: -Adesso sei da solo, hai la testa piena di pensieri cattivi, violenti. E Cristo? -Mi guarda, rispondi. Al passo successivo gli dico: -Sei con i tuoi amici, ubriaco, di sabato sera. E Cristo? -Mi guarda, rispondi ancora. Ancora un altro passo gli chiedo: -Ora sei con la tua fidanzata, e vivi la sessualità nel modo in cui hai parlato, che ti turba la memoria. E Cristo? -Mi guarda con una grande compassione. -Ecco, gli dico, quando sentirai addosso in tutte le circostanze della tua vita questo sguardo compassionevole e misericordioso di Cristo, sarai una persona spirituale veramente, sarai di nuovo completamente integro, vicino a ciò che possiamo chiamare pace interiore, serenità dell’anima, felicità della vita» (Paternità spirituale: un cammino regale per l’integrazione personale.«Nella nuova evangelizzazione dell’Est e dell’Ovest», in CENTRO ALETTI (ed.), In colloquio. Alla scoperta della paternità spirituale, Roma, LIPA, 1995, 203-204).
Preghiera
Gesù, misericordia del Padre,
venuto ad incontrare la nostra miseria sulle strade del mondo,
nelle piazze di ogni città.
Tu dalle braccia infinite sempre aperte a riaccogliere chi era perduto,
volgiti a noi, nell’impeto della tua pietà.
Noi non vogliamo essere «scribi e farisei», accusatori dei nostri fratelli,
ma spesso ci troviamo a lanciare sugli altri la pietra del nostro peccato.
Gesù, Signore del sovrano silenzio,
in mezzo al tumulto delle nostre passioni rendici capaci di tacere davanti a te mentre, nuda e piena di vergogna, l’anima nostra si confessa semplicemente lasciandosi guardare dai tuoi occhi di mite pastore.
Chi ci condannerà se tu ci assolvi? Chi ci disprezzerà se tu ci ami? Tu solo rimani con noi, o Innocente, o Puro, o Santo che non puoi vedere il male. Eccoci purificati dal tuo perdono: noi non vogliamo più peccare. Confermaci nella fedeltà dell’amore.
Amen
Fonte:https://caritasveritatis.blog/
