Don Paolo Zamengo”Settimana di Passione”

Domenica 13 Aprile (DOMENICA – Rosso)
DOMENICA DELLE PALME (ANNO C)
Is 50,4-7   Sal 21   Fil 2,6-11   Lc 22,14-23,56

Con la domenica delle palme inizia il grande racconto della
passione di Gesù, quasi un anticipo di Pasqua, preludio della
grande ora verso cui Gesù cammina e noi con lui.
Dove arriveremo? Fin dove saliremo? La lettura della Passione
ci accompagna in questo viaggio, il più grande viaggio della
storia per noi cristiani. Camminiamo e contempliamo. Il nostro

cammino porta qui, all’ora della croce.
Se ci fermiamo prima, prima del Golgota, prima dell’ora della croce, non arriveremo al volto di
Dio. Oppure accade il fraintendimento del volto di Dio e della regalità di Cristo. Allora non
fermiamoci prima, camminiamo fin sotto la croce.
Restiamo con la folla a guardare in muta contemplazione. È importante contemplare, come ci
succede per un volto che amiamo, e non ci stanchiamo mai di vederlo, di rivederlo e di
contemplarlo. La settimana santa è l’ora della contemplazione e non può non essere
accompagnata dall’emozione che svela il segreto di un cuore.
Questa settimana che chiamiamo santa è l’ora della tenerezza profonda. Qui, nell’ora del cuore,
c’è lo svelamento del volto di Dio, della sua ‘passione’ per l’umanità, per la nostra terra. “Così tutta
la folla che era venuta a vedere, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il
petto” (Lc 22, 48).
La croce è la grande e sconvolgente visione del credente dalla quale non dovremmo mai staccare
lo sguardo e il cuore. È l’inizio della nostra conversione. Perché ci sono altri che guardano: i capi
del popolo, Pilato, i farisei, i soldati, c’è lo sguardo del ladrone che non vuole essere ricordato da
Gesù. Hanno occhi che non vedono. Non hanno occhi e cuore puro e non vedono Dio.
C’è in loro la pretesa di giudicare secondo la logica del mondo ma non comprendono. La vecchia
logica li accomuna ma non permette loro di capire la divina regalità di Cristo. Non fanno che
ripetere urlando ‘salva te stesso’.
È la pretesa scandita sotto la croce, la logica del fidarsi di se stessi, la logica dei capi, dei soldati, dei
violenti. “Salva te stesso se hai dignità; se vuoi contare, se vuoi stupire, scendi dalla croce e salvati
e ti crederemo”. Ma Gesù rimane sulla croce e sceglie di perdere la vita. ‘Chi perde la vita la
troverà, ma chi vuol salvare la vita la perderà’ (Gv 12, 25).
La sfida è la stoltezza della croce. È la vittoria della croce. È l’amore immenso. Questo miracolo
accade sul Calvario. Se contempliamo il Calvario con cuore puro scopriamo che quella croce è
l’annullamento della distanza. Anche noi possiamo chiamare per nome il Figlio di Dio. Anch’io,
anche se sono un malfattore posso chiamare ‘Gesù’. Sì: “Gesù, ricordati di me” e lui mi ricorda.
Questo è il nome di Dio nella Bibbia: “Dio si ricorda”. Leggiamolo sulla croce il nome di Dio,
leggiamolo in Gesù crocifisso. Dio ci ricorda. Dio si ricorda. Dio salva noi, non salva se stesso. E da
quella croce, che è l’unico vero trono regale di Cristo, veniamo via pentiti cioè convertiti, convertiti
al Vangelo, convertiti dall’amore.
La logica del salvare se stessi ha costruito muri e divisioni. La logica nuova, quella di salvare gli altri, costruisce ponti e stringe mani. Chi sosta a lungo sotto la Croce, chi ne respira il profumo se ne lascia inebriare, e lo diffonde.  Fissiamo da lontano le ferite dei chiodi, adoriamo il segno della nostra libertà.