Alessandro Cortesi II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO C)

Domenica 27 Aprile (DOMENICA – Bianco)
II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO C)
At 5,12-16   Sal 117   Ap 1,9-11.12-13.17-19   Gv 20,19-31

“Io sono il primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte…”

Il libro dell’Apocalisse testimonia una rivelazione e invita a scorgere il disegno di Dio nella storia: al centro Gesù Cristo, presentato come il risorto. E’ lui il primo e l’ultimo: non è stato tenuto prigioniero della condizione della morte ma è uscito dalla morte, ed ha ora potere su ogni potenza di morte e di male. L’affermazione ‘io sono il vivente’ dona prospettiva di speranza. Se Egli è il vivente, l’esito della storia e il futuro dell’umanità non stanno nella morte ma nella vita e in una vita che sconfiggendo tutte le forze che di morte e di male.

Negli Atti degli apostoli Luca presenta alcune sintesi della vita della comunità cristiana dopo la Pasqua. La comunità è convocata dalla parola del Signore, si ritrova per stare insieme, con senso di ammirazione e gioia. Inoltre “portavano gli ammalati nelle piazze… tutti venivano guariti”. Coloro che solitamente erano nascosti allo sguardo sono posti al centro: una forza di novità e di guarigione emana dalla vita della comunità. La sofferenza non è l’ultima parola della vita umana, e la comunità si fa carico delle sofferenze, ponendo al centro le persone malate togliendole dall’isolamento: è già questa una guarigione e fa scorgere gli effetti della salvezza che Cristo ha donato con la sua morte e risurrezione. L’accorrere di folle coinvolge persone provenienti da diverse direzioni. Malati e sofferenti stanno al centro perché la forza di colui che è vivente apre prospettive di una vita nuova.

Il quarto vangelo pone un profondo rapporto tra vedere e credere. Nel capitolo 20 è proposto un lento e progressivo percorso del credere. Tommaso è infatti figura di ogni discepolo che vive la fatica di aprirsi ad un nuovo modo di incontrare Gesù dopo la pasqua. Non è facile il percorso della fede. Tommaso vive la crisi della fede per aprirsi a più autentiche dimensioni del credere. Nella comunità c’è posto per tutti coloro che vivono il faticoso passaggio dal credere perché sono alla ricerca di segni, al credere ‘senza avere visto’. C’è una insistenza in questo brano giovanneo sul vedere: “i discepoli gioirono al vedere il Signore” (v.20). Gli dissero allora gli altri discepoli “abbiamo visto il Signore” (v.25). Ma questo vedere implica un cammino. Tommaso sperimenta un crescendo di difficoltà riguardo al ‘vedere’ Gesù: ‘se non vedo… non crederò’. A lui Gesù dice: “guarda le mie mani…e non essere più incredulo ma credente”. E ancora: “perché hai veduto hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (v.28).

Tommaso percorre un cammino del credere di fronte a Gesù che gli pone davanti i segni delle ferite della passione, le mani, il costato. Il percorso del credere passa attraverso una faticosa ricerca, ha bisogno di essere accompagnato da Gesù stesso che fa superare l’attesa di segni. I segni donati sono quelli della sofferenza e della croce. E’ il crocifisso che è risorto. I segni da rintracciare e che a lui rinviano sono le ferite di tutti i crocifissi della storia. Tommaso si apre a riconoscere in Gesù il suo Signore. Gesù invita a incontrarlo in un ‘vedere’ nuovo, oltre i segni, nell’accogliere la testimonianza.

Alessandro Cortesi op

Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/