Figlie della Chiesa Lectio VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

Domenica 25 Maggio (DOMENICA – Bianco)
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
At 15,1-2.22-29   Sal 66   Ap 21,10-14.22-23   Gv 14,23-29

Attraverso la liturgia, ci prepariamo a rivivere il compimento del tempo pasquale nelle solennità dell’Ascensione di Gesù e della Pentecoste. È il momento in cui l’Amore ‹‹fino alla fine›› (Gv 13,1) di Gesù sale in cielo per andare a preparare un posto all’umanità e ritorna sulla terra a rinnovarla nell’effusione permanente dello Spirito Santo. È questo il tempo della gioia perché, d’ora in avanti, la storia entra definitivamente nell’orizzonte della vita e della salvezza dove, per coloro che confidano nel Signore, ‹‹tutto concorre al bene›› (Rm 8,28).

Eppure, tante volte, rivivendo questi eventi, fatichiamo a trovare piena felicità, perché avvertiamo la lontananza fisica di Gesù come un distacco doloroso ed un vuoto incolmabile. Anche i discepoli hanno provato l’esperienza del turbamento, quando Gesù ha dapprima annunciato e patito la morte e, in seguito, quando è asceso al cielo ‹‹sottraendosi ai loro occhi›› (At 1,9).

Perciò Gesù cerca di rincuorare e di incoraggiare i suoi, e tutti noi, attraverso le parole di quel capolavoro letterario, teologico e spirituale che è il cosiddetto ‹‹discorso di addio›› contenuto nei capitoli da 13 a 17 del vangelo secondo Giovanni; un vero e proprio testamento, un’esortazione a non smettere mai di credere e sperare in Lui.

Di questo discorso, nella VI domenica di Pasqua, ascoltiamo i vv. 23-29, tratti dal capitolo 14.

Gesù è una presenza che, potremmo dire, prendendo in prestito il titolo di un famoso programma televisivo, non ‹‹lascia››, ma ‹‹raddoppia››. Infatti, dopo la sua morte, risurrezione e ascensione, va al Padre per ritornare dopo aver preparato, nell’amore, per noi, meraviglie ancora più grandi; Egli raddoppia nel senso che, oltre che se stesso, porta l’uomo a fare esperienza viva di un’altra persona: Dio Padre.

Più in particolare, Gesù resta per dimorare, cioè per abitare stabilmente nel cuore di chi lo ama, osservando la sua Parola. E siccome la Parola che Egli dona è spirito e vita e non un semplice messaggio umano, in quanto appartiene al ‹‹Padre che lo ha mandato›› (Gv 14,24); e siccome Gesù è il Verbo fatto carne, ‹‹una cosa sola con il Padre›› (Gv 10,30), anche il Padre abiterà nel cuore di chi ama Gesù, osservando la Parola da lui incarnata e proclamata.

Ecco, quindi, che non soltanto non siamo lasciati soli, ma la presenza di Dio si rafforza in noi, per la presenza del Padre e del Figlio suo, Gesù.

Come in un incastro di immagini, noi che aspiriamo ad entrare nella casa di Dio, nel cielo, al termine della nostra vita, intanto, siamo chiamati a divenire dimora di Dio già su questa terra, accogliendolo in noi. Come ricorda la II lettura, siamo noi a dover essere “città di Dio” che risplende della sua presenza e della sua luce.

Cielo e terra sono ora più vicini di quanto possiamo immaginare!

Alla luce di questo grande mistero, non dobbiamo ignorare che amare Gesù non vuol dire provare un vago sentimento nei suoi confronti, che magari si ferma ad un devozionismo esteriore. Amarlo è qualcosa di più impegnativo: è osservare la sua Parola. E osservare non richiede una fedeltà formale a un’imposizione, ma una gioia incontenibile, perché nella Parola dataci da Cristo c’è la nostra libertà.

Possiamo quindi interrogarci:

  • Cosa significa per me amare il Signore?
  • Quali sentimenti suscita in me la Parola di Dio? Con quali atteggiamenti la osservo?
  • Sento di essere dimora di Dio che irradia la sua presenza e la sua luce?

Lo Spirito Santo

Ritornando ancora al titolo del programma ‹‹Lascia o raddoppia?›› consideriamo che davvero il Signore non soltanto non lascia, ma raddoppia e addirittura triplica la sua presenza a fianco dell’uomo credente. Infatti, il Padre, nel nome di Gesù, manda lo Spirito Santo, il quale avrà il ruolo di insegnare, di essere il maestro che non ci fa deviare dalla strada della salvezza, ricordando tutto ciò che Gesù ha detto nel nome del Padre e rimettendo nel nostro cuore e l’amore infinito di Dio.

Con lo Spirito Santo si completa, nel cuore dell’uomo, la divina presenza, che è sempre trinitaria.

Per capire quanto positivamente può incidere lo Spirito Santo nella vita umana, guardiamo alla I lettura: quando gli apostoli si lasciano guidare da lui, trovano senza traumi la soluzione alle domande per cui si erano riuniti nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme; l’espressione finale: ‹‹lo Spirito Santo e noi›› non è una formula di cortesia che introduce una loro decisione, ma è la presa d’atto che lo Spirito Santo traccia la via verso il Bene, ricordando la Parola di Gesù, Figlio di Dio.

La Chiesa, i cristiani, sono testimoni di luce nella misura in cui rendono protagonista lo Spirito Santo, mandato dal Padre e dal Figlio.

Ancora, perciò, siamo invitati a interrogarci:

  • Che spazio lascio allo Spirito Santo nella mia vita?
  • Che ruolo diamo allo Spirito Santo nella Chiesa?
  • Permetto che lo Spirito ravvivi in me la Parola di Dio e mi indichi la via da seguire?

‹‹Vi lascio la pace, vi do la mia pace››

Quando lasciamo che il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo dimorino in noi, la loro presenza viva fa maturare nei nostri cuori il frutto più importante e necessario: la pace.

La pace non è qualcosa, ma Qualcuno; Gesù stesso precisa che ci lascia una pace diversa da come la dà il mondo. La pace è Lui, che, vincendo la morte, ci offre tutti i beni che realizzano la nostra dignità e che solo Dio può donarci. Nella pace di Cristo non ci manca nulla, perciò, il turbamento ed il timore che indicano una fiducia debole e incompleta nei confronti di Gesù devono venire meno.

Essere in grado di costruire la pace di Cristo nel mondo è il segno migliore per mostrare che noi permettiamo a Dio di dimorare in noi.

Chiediamoci:

  • Sento di accogliere il dono della pace di Cristo?
  • Di quale pace vado in cerca, quale pace cerco di edificare (in famiglia, nella comunità, nell’ambiente di lavoro, ecc.)?
  • Quali paure e turbamenti agitano il mio cuore?

La VI domenica di Pasqua ci invita ad avere uno sguardo ‹‹trascendente››, che sa cogliere la presenza di Dio accanto a noi e in noi; uno sguardo che ci apre ad amare la Parola di Dio, a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, ad avere consapevolezza che ogni credente è dimora di Dio.

Ecco la forza della Pasqua! Ci mette in relazione con un Dio che ha vinto il male, che non ci abbandona mai, che cerca di conformarci alla sua santità donandoci in pienezza la sua pace e una gioia che non potrà essere scalfita.

Rallegriamoci, perciò, e crediamo, vincendo ogni turbamento, che Gesù ci ama e che ogni opera (anche morire e salire al cielo) Egli la compie per la nostra gloria.

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/