Alessandro Cortesi Commento XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Domenica 6 Luglio (DOMENICA – Verde)
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 66,10-14   Sal 65   Gal 6,14-18   Lc 10,1-12.17-20

«Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace…”. Lo sguardo del profeta si sporge al di là del suo presente buio segnato dal disordine e dalla violenza e annuncia la pace come dono di vita che si fa strada lentamente, inesorabile. E’ evocata nel movimento del procedere di un fiume, che scende continuo e che non si può fermare: immagine che evoca abbondanza di vita e parla di un movimento dell’intera storia il cui orizzonte ultimo non è il conflitto e la morte, ma l’incontro dei popoli e la pace nell’accoglienza. Il fiume, il torrente colmo di acque parlano di un’abbondanza paradossale a fronte della realtà di disorientamento e di prova. Radice di questo annuncio è la promessa di Dio e la sua presenza: il suo profilo è quello di donna, madre che consola e tiene in braccio i suoi figli. Dopo aver denunciato un modo di vivere il culto attuato insieme ad un agire malvagio (Is 66,3) per contrasto si delineano i gesti della tenerezza di Dio che invita a rallegrarsi con Gerusalemme. Il volto femminile di Dio è così accostato al pensiero di Gerusalemme, città della pace, luogo di consolazione, di raduno, di armonia. Questa città è segno di una grande accoglienza. Le promesse sono per tutti i popoli della terra e sono annuncio di un grande raduno: essi verranno da ogni dove…

Nella drammatica contraddizione che sperimentiamo in questo tempo di guerra senza confini e nei processi di disumanizzazione dell’altro questa pagina rimane una provocazione a volgersi alla promessa di Dio, a convertirsi, a scegliere vie alternative al disastro della violenza e della guerra.

Nel suo tempo il profeta propone una visione alternativa al rinchiudersi nel rifiuto e nell’esclusione dell’altro. Propone di ripensare il volto di Dio nel suo tratto femminile e materno e indica la via possibile di accoglienza di tutti i popoli della terra.

“il Signore designò altri settantadue”: Gesù sceglie discepoli e discepole, e li invia a coppie (anche forse per un sostegno reciproco nel contesto culturale in cui una donna sola non poteva muoversi liberamente). Settantadue è numero simbolico che rinvia al numero dei popoli dell’umanità originaria (secondo Gen 10). Agli inviati è chiesto di vivere una testimonianza innanzitutto senza appesantimenti, senza borse e bisacce piene di cose che possono intralciare il cammino. Inviati ad annunciare la pace: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!”. Il luogo dell’incontro e della testimonianza del vangelo è la casa, cioè lo spazio della vita ordinaria, quotidiana, dove i volti possono riconoscersi nelle seti essenziali e dove è possibile instaurare rapporti autentici e vivi da persona a persona. Gesù non pensa alla costruzione di un gruppo o di una chiesa, ma indica l’orizzonte del regno di Dio volgendo lo sguardo a campi di grano maturo, da raccogliere.  “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!”. E’ già presente una realtà di vita, è già davanti quel grano che chiede di essere raccolto per divenire pane, nutrimento per la vita di tutti. L’orizzonte di Gesù è il regno di Dio, la sua vicinanza che apre possibilità di rapporti nuovi e speranza per tutti. Agli inviati è richiesta solo dedizione all’incontro, saper riconoscere l’opera di Dio, porsi al servizio di un sogni di pace. E’ una via altra rispetto alle vie della violenza dell’imposizione, della pretesa di aggregare. Per questo chiede una scelta di povertà, di dipendere solo dalla Parola di Dio e non dal riconoscimento di un successo, e  richiama alla fedeltà all’annuncio di pace.  

Alessandro Cortesi op

Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/