Don Paolo Zamengo”Inviati dal Signore”

Domenica 6 Luglio (DOMENICA – Verde)
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Is 66,10-14   Sal 65   Gal 6,14-18   Lc 10,1-12.17-20

Gerusalemme oggi è in lutto come quando nei lunghi giorni
di esilio a Babilonia, i figli di Israele erano in lutto per la
triste condizione della loro città, ridotta ad un cumulo di
rovine dalla furia dei Babilonesi. Ora sono i capi di
Gerusalemme a devastare e distruggere la terra altrui, a
uccidere per fame i bambini di Gaza, a massacrare il popolo
palestinese che cerca disperatamente di difendere la propria terra. Ma i coloni bruciano i campi di grano e
sradicano gli ulivi. Sì, siamo in lutto per Gerusalemme, per i suoi delitti, come anche siamo in lutto ed
eleviamo il nostro grido di dolore per la Palestina intera.
 
Eppure nella prima Lettura c’è un versetto che ci fa sussultare di gioia : «Ecco, io farò scorrere verso di
essa, come un fiume, la pace» (Is 66,12). La pace che si riverserà su Gerusalemme e su tutta la Palestina
sarà come un fiume in piena.
Questo vessillo di pace, questo segno di una vittoria promessa, è la croce di Cristo. Lo Spirito di Dio agisce
in Gesù, che ci ha amati fino alla croce. Chi accoglie la croce e crede nel nome di Gesù, diventa una
creatura nuova, figlio di Dio.  «Portare le stigmate di Gesù nel nostro corpo» significa accettare di essere
feriti dal dolore degli altri, diventare capaci di ascoltare il loro grido e intercedere a loro favore, donare per
loro anche la vita.
Per questo Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo  dove
stava per recarsi .  Ma come sono inviati i discepoli? In questi ultimi anni si sente dire che la gente non
viene più in chiesa, che il Covid ha dato il colpo di grazia a una religiosità superficiale e devozionale, che è
finito il tempo della ricerca di Dio e dell’appartenenza alla fede.
Il Vangelo afferma il contrario: dice che la messe è abbondante; quelli che scarseggiano invece sono gli
operai, uomini e donne disposti a uscire dall’anonimato, a mettersi in gioco, a diventare protagonisti nel
campo di Dio. Occorre pregare perché il Signore mandi operai: perché il Signore spinga fuori i timorosi,
quelli che vogliono rimanere protetti da una religione di comodo, da una fede sterile che non è generativa,
che non generata al tra fede e amore a Gesù.
L’operaio deve stare sul campo, sulla strada, e sperimentare la forza del vento, la calura del sole, la pioggia
che ti entra nelle ossa, e andare veloce, perché è rimasto ancora poco tempo. Non deve partire da solo, ma
nella compagnia di un fratello, di una piccola comunità, perché il pellegrino che annuncia la pace è un
testimone, perché il primo e più efficace annuncio è la carità, è l’amore che si diffonde da sé quando, per
strada, ti prendi cura del debole, del malato, del povero.
Chi è inviato deve andare in mezzo ai lupi, come un agnello mite e umile. Non è un folle votato al martirio.
La sua missione è assolutamente necessaria per i cristiani veri: capaci di riconciliare gli opposti, di
provocare il dialogo, di suscitare negli uni e negli altri la voglia di ascoltarsi, di parlarsi, di fare un tratto di
strada insieme. 
Sembra una missione impossibile, ma è esattamente il compito del discepolo. E ancora di più: egli deve
andare senza «portare borsa, né sacca, né sandali», perché il successo della missione  non dipende dai
mezzi che mettiamo in campo, ma dalla umile testimonianza della vita, che annuncia un Dio che si è fatto
povero e solidale.
L’annuncio della pace non può aspettare, e fate opere di pace: prendetevi cura dei poveri, guarite,
consolate. È doveroso partecipare alle manifestazioni  per la pace, nelle piazze e nei luoghi di conflitto, ma
è più impegnativo e decisivo operare ogni giorno per la pace, diventare artigiani di pace, come sempre ci

ricordava papa Francesco. Senza pretendere nulla, né conversioni né guadagni personali. Senza portar via
niente, nemmeno la polvere che si è attaccata ai nostri piedi: una missione efficace si gioca sul versante
dell’assoluta gratuità.
Del resto chi è inviato è del tutto assicurato: «Vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni
e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi». La vera gioia cristiana non risiede in
manifestazioni di potere, nel successo della nostra pastorale, nella gratificazione per la riuscita delle nostre
imprese, quanto piuttosto nell’appartenere pienamente alla comunità dei discepoli salvati dal Signore.