Domenica 13 Luglio (DOMENICA – Verde)
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Dt 30,10-14 Sal 18 Col 1,15-20 Lc 10,25-37
Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica… Questa parola è la chiamata di Dio al cuore di ogni cuore umano. E si rende vicina nell’incontro con l’altro come appello, come sfida a prendersi cura.
‘Chi è il mio prossimo?’ chiede il dottore della legge che vuole mettere alla prova Gesù. E Gesù racconta. Racconta un fatto di violenza e di indifferenza. Racconta una vicenda ordinaria, Racconta ciò che accadeva e ciò che accade. Una vicenda di violenza, come di violenza è popolata la quotidianità umana. Una vicenda di cecità e di indifferenza, come è diffusa la pretesa di una religione degli occhi chiusi che non si apre a guardare lk’altro, anche vicino e preferisce rimanere nella bolla del sacro. Si tratta di un uomo: un uomo. C’è un volto, una storia dietro quell’indicazione di un innominato, Volto senza nome ma che racchiude un percorso di vita, amore, speranze, errori, incapacità, sogni… Un uomo percosso e moribondo sulla strada tra Gerico e Gerusalemme è soccorso da un samaritano: Gesù scuote così i suoi contemporanei e scuote anche noi portandoci al centro del vangelo stesso. Gerico dista circa 27 km da Gerusalemme. La strada copre un dislivello di circa 1000 metri perché Gerico è sotto il livello del mare. Una strada in salita… Il samaritano è nemico di quell’uomo sulla strada. Ma è colui che vede e si ferma di fronte. Altri avevano percorso quella strada, avevano visto, ma erano passati oltre, dall’altra parte. Due persone della religione, del culto, preoccupati della norma religiosa. Luca dice che ‘videro’ ma con occhi chiusi a riconoscere un volto. Non spiega perché non si sono fermati: forse per una preoccupazione religiosa, forse per fretta, forse perché distratti, incapaci di fissare un volto, forse perché l’uomo era uno sconosciuto, un nemico.
‘Invece un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione’: il samaritano è uno straniero, eretico e considerato nemico. Il suo è un vedere diverso, riconosce un uomo. E ne ebbe compassione. E’ sofferenza che prende nelle viscere. Non è frutto di ragionamenti, ma di avvertire la comune umanità, una comunità di destino. Luca usa un verbo del soffrire femminile che parla anche della sofferenza di Dio. Il samaritano assume il profilo del Dio che prova compassione: si china e sente su di sé le sofferenze dell’altro. Incontrare Dio per Gesù passa nell’incontrare il volto dei sofferenti. La com-passione si fa azione concreta: ‘ gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino; poi, caricato lo sopra il suo giumento, lo portò ad una locanda e si prese cura di lui ‘. Una serie di gesti si rivolgono ad un tuo concreto. Quello sconosciuto sulla strada diviene per il samaritano un ‘tu’ di cui prendersi cura. E diviene passaggio di cura affidata dove lui stesso non può arrivare: ‘Abbi cura di lui…’ è consegna all’albergatore.
Riconoscere, prendersi cura, sollevare, affidare… passare dallo sguardo all’altro come nemico a pensare solo ad un volto da soccorrere: è il senso della fraternità. Prossimo non è chi appartiene al proprio gruppo ma diviene lo sconosciuto nella sofferenza. Gesù capovolge la domanda non ‘chi è il mio prossimo’ ma ‘a chi sei prossimo?’. Non accettare di definire ‘il prossimo’ ma rinvia alla responsabilità personale. In questo chinarsi del samaritano in filigrana si intravede il volto stesso di Gesù che si ferma si china prende e accompagna… I gesti del prendersi cura cura sono forse l’unica parola credibile e significativa su Dio. Nell’edificio costruito sulla strada di Gerico – il caravanserraglio del buon samaritano – un pellegrino medioevale ha scritto: ‘se persino sacerdoti e leviti passano oltre la tua angoscia, sappi che il Cristo è il buon samaritano: egli avrà compassione di te nell’ora della tua morte e ti porterà alla locanda eterna’.
Alessandro Cortesi op
Fonte:https://alessandrocortesi2012.wordpress.com/
