Domenica 3 Agosto (DOMENICA – Verde)
XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Qo 1,2;2,21-23 Sal 89 Col 3,1-5.9-11 Lc 12,13-21
Di Alessandro Cortesi op 🏠
“Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato”.
Qohelet è il predicatore. Nel cuore del Primo testamento il suo testo inquieta e sfida, perché proviene dalla voce di chi ha assaporato tutte le cose belle della vita. Eppure ne scorge una precarietà fondamentale espressa nel termine vanità (hebel): come la rugiada che al mattino si dissolve o come la schiuma del mare che immediatamente scompare. In modo sconsolato dice “chi ha lavorato alla fine dovrà lasciare ad altri tutta la sua fatica”. E’ uno sguardo realistico, che provoca a pensare e a scorgere come vanno le cose sotto il cielo. E’ tuttavia un pensiero che nella sua durezza apre a considerazioni di ciò che permane: La ‘nozione di eternità’ che Dio ha posto nel cuore umano è apertura ad avere una visione d’insieme di tutti frammenti della vita. Questi appaiono senza rapporto tra di loro. Oltre l’inconsistenza si apre un desiderio a scorgere un orizzonte di senso e ad arrendersi al mistero di Dio e del suo disegno.
«Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede»
Luca presenta la parabola del ricco preoccupato solo di accumulare e che non considera il tempo della sua vita. I suoi pensieri concentrati sull’accumulo esprimono una stoltezza diffusa: è l’atteggiamento di chi non pensa al tempo ed alla fragilità della vita, al limite radicale di ogni esistenza e di ogni cosa.
La parabola narra situazioni quotidiane e tiene insieme un rimprovero e una indicazione: è in fondo una denuncia di modo di pensare la vita come accumulo rimanendo indifferenti alla giustizia e alla condizione di chi fa più fatica. E’ un anche indicazione a considerare il valore del tempo, a viverlo con responsabilità, verso gli altri, verso le cose affidate. Gesù propone di valutare il tempo e di pensare che la vita non dipende dai beni.
“vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato”.
Nella lettera ai Colossesi si apre uno squarcio di speranza: la nostra esistenza già respira l’atmosfera della pasqua. Può aprirsi a ricercare le cose di lassù. E’ la presenza della novità di Cristo risorto che dà la forza e orienta ad un rinnovamento profondo della vita. Diventare creature nuove è camminare giorno per giorno in uno stile di vita che faccia propri i sentimenti e le scelte di Gesù stesso. E’ lui uomo nuovo e la nostra vita può essere trasformata per diventare come lui ha vissuto, passando facendo del bene perché Dio era con lui.
Alessandro Cortesi op
