Domenica 21 Settembre (DOMENICA – Verde)
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Am 8,4-7 Sal 112 1Tm 2,1-8 Lc 16,1-13
Di Figlie della Chiesa 🏠
La liturgia di questa XXV domenica del tempo ordinario ci mette di fronte a un tema che attraversa tutta la Scrittura e che tocca la vita e la quotidianità di ciascuno di noi: il rapporto tra fede e beni materiali, tra giustizia e ingiustizia, tra il servizio a Dio e la tentazione di piegarsi al denaro come ad un idolo.
Le letture che la Chiesa ci offre in questa domenica formano un percorso unitario, a partire parte dalla denuncia del profeta Amos sulle ingiustizie: egli alza la voce contro coloro che si approfittano dei più deboli, in particolare i mercanti, che non vedono l’ora che si concluda il giorno festivo per tornare ai commerci, riducendo le misure e truffando sul prezzo, vendendo perfino gli scarti come fossero merce di valore. Quella del Profeta è una denuncia che non usa mezzi termini: Dio non dimentica nulla, osserva e custodisce i poveri, ascolta il loro grido.
Questo oracolo ci interpella ancora oggi: viviamo in una società in cui il profitto viene prima di tutto, anche prima della dignità umana; e non di rado, senza nemmeno accorgercene, ci troviamo coinvolti in sistemi ingiusti. La Parola quindi ci invita a vigilare per non essere complici di ingiustizie o a considerare “normali” quelle pratiche che calpestano i più fragili.
Attraverso la lode, il Salmo responsoriale ci offre la risposta più adatta a questo grido. È Dio che solleva i poveri dalla polvere, innalza l’umile, capovolge le gerarchie del mondo e mostra la sua grandezza non nel dominare ma nel chinarsi sui bisognosi. Questo è lo stile di Dio: la misericordia che restituisce dignità a chi è oppresso.
Davanti a questa immagine ciascuno è chiamato a chiedersi: Io a chi guardo? Chi innalzo? Chi considero degno di attenzione?
Nella seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo a Timoteo, troviamo una preziosa raccomandazione: dedicarsi alla preghiera universale, che abbraccia tutti gli uomini, allarga l’orizzonte, ci ricorda che la fede non ci chiude in una cerchia ristretta, ma ci rende responsabili nei confronti di ogni uomo. Paolo invita a pregare per tutti e in particolar modo per chi ha responsabilità di governo, perché Dio vuole la salvezza di tutti e che tutti giungano alla conoscenza della verità. La preghiera cristiana non è mai evasione o intimismo, ma forza che trasforma la coscienza, la storia e sostiene il bene comune. Pregare per i governanti significa riconoscere che le scelte politiche influiscono sulla vita dei poveri, sulla giustizia e la pace; e quanto questo ci tocca oggi, in un mondo ferito da “guerre a pezzetti”! Un cristiano non può essere indifferente a tutto questo e pertanto si immerge nella supplica fiduciosa al Dio della pace e della giustizia.
La liturgia culmina con il brano del Vangelo di Luca, dove Gesù raccontando la parabola dell’amministratore disonesto ci sorprende e quasi ci scandalizza, ma in realtà dà una lezione di vita decisiva per il cammino spirituale di ogni cristiano. Il testo è enigmatico, ma di straordinaria attualità. Un uomo, accusato di cattiva gestione, si vede licenziato e, per garantirsi un futuro dignitoso, decide di ridurre i debiti ai creditori del suo padrone. Egli non agisce per giustizia, ma per convenienza. Eppure, Gesù lo loda per la sua astuzia e nota: i figli di questo mondo sanno essere scaltri per garantirsi un futuro terreno, mentre i figli della luce spesso non hanno la stessa passione e intelligenza nel perseguire i beni eterni.
Non si tratta di imitare la disonestà, ma di imparare la determinazione, la creatività, l’ingegno e la capacità di guardare al futuro. Se gli uomini sanno muoversi con tanta energia per un guadagno effimero, quanto più i discepoli dovrebbero impegnarsi per il Regno che non passa? Gesù conclude con parole decisive, che non lasciano spazio a compromessi: non potete servire Dio e la ricchezza.
Siamo chiamati a scegliere!
Qui sta il cuore del Vangelo di questa domenica: il denaro non è neutrale: o diventa strumento per amare e condividere, oppure è un padrone che incatena. Chi vive per accumulare finisce con il ritrovarsi schiavo dei tesori che possiede; chi invece usa i beni come mezzi per costruire relazioni, per sollevare chi è nel bisogno, per aprirsi alla solidarietà, scopre la libertà dei figli di Dio.
L’amministratore disonesto ha saputo farsi degli amici con il denaro; Gesù invita i discepoli a fare altrettanto, non però per interesse egoistico, ma per entrare nella logica del Regno, dove la vera ricchezza sono i legami, la comunione, l’amore che dura oltre il fallimento, oltre la morte.
Così il filo conduttore della liturgia ci appare chiaro: Dio ci chiede di vigilare sull’uso che facciamo dei beni materiali, di non lasciarci ingannare dall’illusione della sicurezza che il denaro sembra dare, di non cedere a compromessi che calpestano i poveri, ma piuttosto di vivere ogni cosa con responsabilità e come occasione di bene.
La fede non è disincarnata: tocca il nostro portafoglio, le nostre scelte di consumo, il nostro modo di lavorare, di spendere, di condividere. Non basta pregare, lodare e delegare: siamo chiamati a trasformare la vita perché sia specchio della misericordia e della giustizia di Dio.
Alcune domande possono accompagnare la nostra preghiera e interrogarci sulla nostra vita personale e comunitaria: in quali situazioni della mia vita mi accorgo che rischio di servire la ricchezza più che Dio? Riesco a riconoscere le ingiustizie nascoste nelle scelte quotidiane, nelle abitudini di acquisto e nei meccanismi sociali che considero normali? Quando prego, chi porto davanti al Signore: solo le persone a me care o anche coloro che hanno responsabilità pubbliche: i governanti, i potenti, persino coloro con i quali non condivido le idee? Come sto usando i beni che possiedo: sono strumenti di comunione e carità o alimentano soltanto il bisogno di sicurezza? Riesco ad essere creativo e intelligente nel ricercare il Regno o metto più energie nelle cose del mondo che in quelle dello Spirito? Quali sono i poveri, i piccoli, gli umili che oggi mi sono affidati perché io mi faccia per loro strumento di elevazione e di speranza? E infine: quale passo concreto posso compiere questa settimana per convertire il mio rapporto con i beni, per servire Dio con cuore libero, per trasformare ciò che ho in occasione di relazione, giustizia e amore?
Cogliamo l’occasione non per giudicarci, ma per compiere un cammino reale di conversione, certi che il Signore ci aiuterà a perseguire le vie del bene.
