Domenica 21 Settembre (DOMENICA – Verde)
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Am 8,4-7 Sal 112 1Tm 2,1-8 Lc 16,1-13
di Lila Azam Zanganeh 🏠
Gesù prosegue sul suo rivoluzionario cammino. Non offre solo una parabola ma poesia. Nel leggerlo ci presta un manuale. Come potremmo leggere Gesù stesso e i suoi paradossi contro-intuitivi? Come dovremmo leggere le sue scandalose ironie, potremmo quasi dire il suo senso dell’umorismo?
Nella parabola dell’amministratore di fatto Gesù elogia un uomo disonesto che ha gestito male le finanze del suo padrone. L’amministratore sta per essere cacciato, umiliato, diventare povero. Peggio ancora, sta mettendo in gioco la sua vita eterna. Perché allora Gesù elogia quest’uomo empio? Non è forse un imbroglione, un materialista? È questo che l’amministratore sembra avere fatto: ha alzato i prezzi di olio e grano ai debitori del suo padrone e ne ha ricavato dei profitti per sé. Ora è stato scoperto e capisce di non essere abbastanza forte per zappare la terra e di essere troppo orgoglioso per chiedere l’elemosina. Può risolvere la sua difficile situazione?
«So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua», dice. Quindi «chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”».
L’amministratore riduce i loro debiti, probabilmente dello stesso ammontare che aveva addebitato in eccesso per ricavarne un profitto. I debitori ora non sono solo contenti ma anche grati. Certamente lo aiuteranno e lo accoglieranno quando la notizia del suo licenziamento giungerà alle loro orecchie.
Quando il padrone viene a conoscenza dello stratagemma del suo amministratore si complimenta non per la sua onestà o il suo senso morale ma per la sua scaltrezza, la sua astuzia. L’amministratore ha perso il suo margine di profitto; è stato prudente e ha sacrificato la sua avidità ma ha guadagnato amicizia. Potrebbe essere un calcolo, ma può essere anche un barlume di pentimento. Quando il Padrone in questa vita, l’immagine terrena di Dio, verrà a sistemare la sua proprietà la troverà in ordine.
«Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare [quando il denaro perderà ogni significato alla nostra morte], essi vi accolgano nelle dimore eterne». Quindi Gesù dice che il denaro rubato, o il denaro sporco, utilizzato per suscitare amicizia, ovvero elargito, è denaro speso per ottenere il perdono. È un dono che ripristina l’equilibrio metafisico, quello che l’antico poema epico indiano Mahabharata definisce il dharma del mondo. Un dono che ci avvicina di più alla forza divina, vale a dire gli uni agli altri.
«Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?». Rimediando ai propri errori con il denaro rubato, l’amministratore può iniziare a guardare al paradiso, all’orizzonte lontano. «Chi è fedele con il denaro è fedele anche verso Dio», ci ricorda Luca altrove. Siate fedeli nelle piccole cose e le grandi seguiranno.
Il padrone stesso, con la voce di Gesù, offre la fine di questa parabola meravigliosa, seppur inizialmente strana: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché […] i figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce». Per i figli e le figlie di questo mondo, per ognuno di noi, c’è speranza proprio perché la nostra astuzia ci può portare, quasi a nostra insaputa, a questa soglia di luce.
