Don Paolo Zamengo”L’amministratore”

Domenica 21 Settembre (DOMENICA – Verde)
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Am 8,4-7   Sal 112   1Tm 2,1-8   Lc 16,1-13

La parabola dell’amministratore astuto ci crea un certo
disagio: mi imbarazza È la storia di un consigliere delegato
(ma corrotto) che, nell’imminenza di una incandescente
seduta del consiglio di amministrazione, non esita a
falsificare i bilanci pur di conservare il suo posto. Bisogna
però fare attenzione: Gesù non loda la corruzione, non
esalta gli imbrogli. Dio non può approvare la violazione di

ogni norma morale.
Anche oggi, capita di osservare con amarezza come vanno le cose: e chi imbroglia o corrompe o
tradisce, esce spesso da tutto con onore e, a volte addirittura con riconoscimenti. Ma Dio non loda
affatto la corruzione. La parabola loda invece chi ha la capacità di cogliere al volo una situazione e
la sa affrontare, con genialità. I discepoli del Signore devono mettere la stessa prontezza, la stessa
lucidità, la stessa fantasia a servizio del Regno. Il discepolo deve avere occhi per cogliere la novità
che è Gesù, e deve avere la forza per inventare strade nuove per incontrare e seguire Gesù.
La cosa peggiore che ci possa capitare è la distrazione, è l’indifferenza, è il cuore ottuso, è
l’intelligenza miope che annebbia il cuore. Dice Gesù: “Beati i vostri occhi perché sanno vedere e le
vostre orecchie perché sanno ascoltare” (Mt 13,16). Il vangelo di oggi ferma lo sguardo su una
“nuova logica” a proposito dei beni, del denaro: “o Dio o il denaro”. “Non potete servire Dio e
Mammona”, Dio e il denaro”.
Se servo veramente Dio, non posso inseguire il denaro. Servirci del denaro sì, ma essere servi del
denaro mai: è idolatria. Possiamo certo cercare un giusto benessere, se lo ricerchiamo per noi e
anche per gli altri insieme: questa è la condizione che lo rende giusto. Ma se servi il denaro, se al
denaro vendi il cuore, allora arrivi a comprare il povero per un paio di sandali e lo giustifichi
dicendo che queste sono le esigenze del mercato.
Il profeta Amos mette in questione le nostre liturgie e i cristiani che frequentano la chiesa, ma il
loro Dio è in banca. Bisogna sentire sempre più profondamente, lo stridore tra il vero culto a Dio e
il culto al denaro. Il culto a Dio suppone la logica dell’amore, della condivisione, della fraternità. Il
culto del denaro si fonda sulla logica del possesso, dell’accumulo, del profitto e della
prevaricazione.
Nella vera liturgia i segni parlano chiaro. Il pane non è fatto solo per essere mangiato, esige anche
di essere condiviso. Da qui nasce la scelta di ripartire dagli ultimi e con i nuovi poveri che la società
continua a produrre e poi li ignora e li emargina fino a scartarli.
Dobbiamo assumere l’impegno per la giustizia a favore di quanti sono tuttora privi dell’essenziale
per una vita dignitosa, spingendo gli organismi dove si decide il futuro dello stato, della città, del
quartiere, della scuola, del lavoro, a dialogare e collaborare con tutti portando il contributo della
carità, della giustizia e della dignità nella visione dell’uomo secondo il vangelo.
Questo ci insegna l’amministratore infedele del vangelo. Occorre pensare, occorre inventare, e
immaginare passi concreti che permettano a tutti di “trascorrere una vita calma e tranquilla con
tutta pietà e dignità”. Immaginare il futuro è inventare soluzioni che non hanno il fiato corto, ma
l’orizzonte ultimo, l’orizzonte definitivo di “amici che ci accolgano nelle dimore eterne”.
Ti accoglieranno, dice il Vangelo, quelli cui avrai donato. Non quelli che hai sfruttato. Ti
accoglieranno quelli che con sincerità avrai amato.