Sr. Anna Serena Lectio XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Domenica 12 Ottobre (DOMENICA – Verde)
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
2Re 5,14-17   Sal 97   2Tm 2,8-13   Lc 17,11-19

Di Sr. Anna Serena – Monastero di Bra🏠

L’episodio che racconta Luca non è riportato negli altri Vangeli.

Gesù è in cammino verso Gerusalemme e passa per la Samaria e la Galilea; una deviazione che lascia intuire il desiderio che ha di incontrare quei luoghi identificati con l’infedeltà (la Samaria) e con l’ignoranza della vera fede giudaica (la Galilea). Vuole incontrare coloro che sono perduti, che si sentono esclusi dagli altri e relegati nelle periferie.

Mentre è in cammino entra in un villaggio e gli vengono incontro dieci lebbrosi, proprio quella categoria di persone ai margini della società, non solo perché ritenute contagiose ma soprattutto impure. Essi conoscono bene la loro condizione di “scomunicati”, eppure l’esperienza di sofferenza li rende audaci. Cosa può fare un disperato se non gridare aiuto?  “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. La preghiera autentica è un grido a Dio e questo grido è sempre ascoltato. Per Gesù nessuno è impuro e indegno di incontrarlo.

Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». La risposta di Gesù è già tutta contenuta nel suo sguardo: egli “vede” la loro sofferenza fino in fondo, ma vede anche la loro fiducia di essere guariti.

A differenza di quanto avvenuto nell’incontro con il lebbroso narrato in Lc 5,12-16, qui Gesù li guarisce a distanza e li invita a presentarsi ai sacerdoti; vuole che la loro guarigione sia riconosciuta ufficialmente perché possano essere pienamente reintegrati nella vita sociale e religiosa. Ed è in questo andare che guariscono, non prima. Ma, se la guarigione fisica è ottenuta straordinariamente da tutti i dieci lebbrosi, in realtà le conseguenze che ne derivano sono differenti: nove di loro eseguono il comandamento, vanno dai sacerdoti che ratificano la loro guarigione e di loro si perdono le tracce. Hanno ottenuto quello che volevano: la guarigione fisica e si fermano lì. Il decimo invece esce dall’ombra dell’anonimato: è un samaritano, uno straniero. Dal punto di vista dei giudei è un eretico. Eppure lui, e soltanto lui, va oltre la prescrizione giuridica e torna indietro per ringraziare Gesù. Proviamo ad immaginare la scena: si mettere a correre, impaziente di incontrare quel Maestro che gli ha cambiato la vita. Corre come Pietro e Giovanni alla tomba vuota il mattino di Pasqua. La gioia non lascia trattenere. Ha capito di non essere stato soltanto guarito, ma salvato: questa è la differenza sostanziale! 

Gesù pone una domanda, quasi sorpreso che solo uno torni indietro: “E gli altri nove dove sono?” Uno su dieci: una percentuale piuttosto bassa! “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio?”. Dare gloria a Dio nella mentalità semitica è “dire la verità”. Spesso noi siamo sinceri ma non veri. 

Quando prorompe la lode sono state toccate le radici del cuore. Per quel samaritano non è stato solo dire grazie per il bisogno esaudito ma riconoscere il Maestro. Le parole di Gesù lo confermano: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”. Questo è ciò che conta, incontrare Colui che ti salva!

“Per grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi ma è dono di Dio” (Ef 2,8-9).

E io dove mi situo? Nel gruppo dei nove o in quel samaritano? Che spessore ha la mia fede? Ciò che ha salvato quel samaritano è la sua fede: ha scoperto che la relazione con Dio dà senso all’intera esistenza e vale ben più dell’integrità fisica. “Il tuo amore vale più della vita” (Sal 62).

Fa “eucaristia” chi sa che nulla gli è dovuto ma tutto è grazia.

Sr. Anna Serena – Monastero di Bra